venerdì 4 luglio 2008

il miolibro.it


"Si chiama self-publishing e per una volta la traduzione è letterale: significa pubblicare da soli i propri testi. Non è una novità che si lega alla tecnologia: semmai, come spesso avviene, è l'evoluzione tecnologica medesima a rendere più semplice e diffusa una consuetudine antica. Le cronache attribuiscono addirittura a John Milton il ruolo di primo autore self-published. Era il 1664: il testo, pubblicato volutamente senza il nome dello stampatore e dell'editore, si chiamava Aeropagitica e polemizzava contro la restrizione della libertà di stampa da parte del governo inglese. L'aneddoto introduce un primo distinguo, valido anche per il self-publishing dei nostri giorni: non esiste una motivazione unica per chi compie questa scelta. Le ragioni che spinsero Milton sono diverse da quelle che portarono uno sterminato elenco di illustri scrittori a pubblicare a proprie spese almeno una volta nella vita. E in molti casi, a conquistare lettori e nuovi editori proprio grazie al libro confezionato in proprio, come è avvenuto per almeno tre best seller contemporanei: La profezia di Celestino di James Redfield, Eragon di Christopher Paolini, Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia. Casi estranei al web, come si vede. Anche se, in seguito, internet è stata di enorme aiuto per gli autori in cerca di alternative. In alcuni casi, con la nascita di case editrici online che hanno traghettato i testi verso le corazzate del settore: è stato così con Monica Viola, che dopo Vibrisselibri è approdata a Rizzoli con Tana per la bambina dai capelli a ombrellone, o per Vanni Santoni che dopo aver pubblicato con Scrittomisto è da poco uscito presso Feltrinelli con Gli interessi in comune. In altri casi è stato il blogging a favorire il passaggio dalla rete alla carta: per citare solo due casi, Roberto Saviano e Giancarlo D'Arcangelo hanno esordito scrivendo testi per il blog Nazione indiana. Il self-publishing propriamente detto è ancora più radicale: fa a meno di ogni mediazione fra l'autore e la sua opera e consiste nella pura trasformazione di un mansocritto in volume, lasciando a chi scrive la scelta della sua eventuale vendita. La quale, attenzione, non è necessariamente il fine ultimo dello scrivente: osservando i dati di ilmiolibro.it , il sito di self-publishing lanciato in maggio dal Gruppo Espresso, si nota che su milleseicento titoli stampati fino al 18 giugno, per un totale di ottomila volumi, ne sono stati posti in vendita cinquecento. Il che significa che non tutti intendono raggiungere un pubblico di acquirenti con i propri scritti: a volte il piacere dell'oggetto libro, rilegato con la copertina che si preferisce e nel formato prescelto, basta a se stesso. In secondo luogo, non è necessariamente vero che chi decide di pubblicare e diffondere online un'opera lo faccia perchè è stato rifiutato dagli altri editori. Spesso non ci ha neanche provato, né intende farlo. Spesso sceglie la Rete perché vuole testarsi e confrontarsi con altri lettori. O perché preferisce vedere i propri scritti in una vetrina virtuale piuttosto che assistere alla loro sparizione, dopo pochi giorni, in fondo agli scaffali di una libreria vera. Oppure, ancora, perché ritiene che quanto ha scritto sia consono ad una nicchia ristretta di lettori. Quando diversi mesi fa lo scrittore Giuseppe genna autopubblicò il romanzo Medium sul web, motivò la prorpia scelta scrivendo: 'L'argomento è molto personale e lo sviluppo del libro è tale da non avere chance commerciali che possano interessare l'industria culturale'. Non è il solo: scrittori di ogni nazionalità, già legati a editori cartacei, scelgono il self-publishing come una strada parallela, e non necessariamente alternativa, a quella tradizionale. Non si commetta l'errore di pensare che l'autore che si autopubblica sia uno sprovveduto, o un narciso. Né, necessariamente, un romanziere. E' vero, in testa alla classifica di ilmiolibro.it ci sono tre opere di fiction (nell'ordine: Viola di Pervinca Paccini, Tutto a posto e niente in ordine di Fabio Alisei, Della lontana musica di Leonora Signifredi). Ma spulciando fra i titoli, ci sono anche saggi sul precariato o inchieste sull'occultismo in Italia. Infine c'è l'aspetto forse più interessante del fenomeno e che porta l'autore a far parte di una comunità, commentando le rispettive opere, ma anche mettendo in Rete l'elenco dei propri libri preferiti sul modello di quello che è attualmente forse il più potente social network di lettori aNobii. Per chi non lo sapesse aNobii (che deve il suo nome al tarlo della carta, l'Anobium punctatum), è una gigantesca libreria virtuale, creata nel 2005 a Hong Kong e attualmnete utilizzata da oltre cinque milioni di utenti di tutto il mondo: forse uno dei più potenti passaparola per quanto riguarda la diffusione dei libri, che vengono scelti, messi online nella propria libreria personale, commentati, votati, eventualmente scambiati. Lo stesso meccanismo viene replicato su ilmiolibro.it, dove gli utenti espongono nelle pagine personali i libri che amano, quelli che leggono e quelli che vorrebbero leggere. A dimostrazione che i lettori sono animali sociali, e che internet è uno strumento eccezionale non per contrastare la lettura, come ancora qualcuno continua incredibilmente a sostenere, ma per incrementarla." (da Loredana Lipperini, Attualità e storia del fai-da-te, "La Repubblica", 03/07/'08)

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