lunedì 7 luglio 2008

I poeti della scuola siciliana


"Sono arrivati in questi giorni in libreria tre Meridiani mondadoriani, di complessive 3044 pagine, dedicati a I poeti della scuola siciliana. Essi rappresentano il frutto della felice unione di un ventennio d'impegno del Centro di studi filologici linguistici siciliani (attualmente rappresentato da Buttitta, Ruffino, Varvaro) con l'intelligente entusiasmo di Renata Olorni che i Meridiani dirige. Il primo volume , curato da Roberto Antonelli, è interamente dedicato a Giacomo da Lentini; il secondo, dovuto alle cure di Costanzo Di Girolamo, comprende i poeti della corte di Federico II; il terzo, coordinato da Rosario Coluccia, assembla i poeti siculo-toscani. Ogni curatore, a sua volta, è assistito da una nutrita schiera di ricercatori che si occupano di un singolo poeta o di gruppi di poesie. Sono convitno che quest'opera che non esito a definire grandiosa (e anche gioiosa, dirò poi perché) rappresenterà un punto fermo, e non facilmente superabile, per tutti gli studiosi delle origini della poesia e della cultura italiana. [...] Ma io personalmente non sono uno studioso della materia, ne sono particolarmente attratto, questo sì, per una specie di orgoglio campanile, lo confesso e quindi vorrei ora dedicare qualche rigo alla spiegazione di un aggettivo, gioiosa, che ho usato iniziando a parlare di quest'opera. Perché gioiosa? Perché i poeti della scuola siciliana non facevano altro che parlare dell'amore, ragionare sull'amore, cantare l'amore. E l'amore, quando porta con sé sofferenza e pena, resta comunque un sentimento vitale e rivitalizzante. Una leggenda dice che Federico amava riunire i poeti della sua corte a Enna, l'ombelico della Sicilia, dove aveva fatto costruire, oltre a un castello, anche una torre ottagonale nella quale gli scanni in pietra erano tutti uguali. Egli sedeva lì, acacnto agli altri, non era nemmeno primus inter pares, si era spogliato di ogni emblema imperiale, e legegva ai compagni le sue poesie per la donna amata (forse nessuna delle tre che sposò), attendendone con una certa trepidazione il giudizio. In questi tre volumi tantissime voci diverse si cimentano dunque sopra un unico tema, tentandone tutte le variazioni possibili. Non si ha che l'imbarazzo della scelta. 'Meravigliosamente / un amor mi distringe', attacca Giacomo da Lentini. 'Gioiosamente canto / e vivo in allegranza, / ca per la vostr'amanza /madonna, gran gioia sento', gli fa seguito Guido delle Colonne. 'Rosa fresca aulentissima', così Cielo d'Alcamo definisce l'amata. 'Allegramente canto', dichiara Iacopo Mostacci. 'Ben mi deggio alegrare', concorda Ruggerone da Palermo. E Rinaldo d'Aquino: 'Per fin amore vao sì allegramente ...'. E Stefano Protonotaro: 'Pir meu cori allegrari ...'. Mi fermo qui. Concludendo con un suggerimento ai lettori che ai severi cultori della sacralità della poesia può apparire addirittura blasfemo. Ma ricordo che un poeta come Paul Eluard usava dire che la poesia non solo non è sacra, ma deve servire agli uomini per uso quotidiano. Il suggerimento nasce da una domanda: vi piacciono le storie d'amore? Se la risposta è sì, allora portatevi i tre meridiani sotto l'ombrellone, non temete, nemmeno l'imperatore si sentirà offeso, anzi, lasciate che il vento ne sfogli le pagine, leggete una poesia a caso. E comunicate la vostra inevitabile emozione a chi sta accanto a voi. La poesia è fatta per questo, per essere condivisa." (da Andrea Camilleri, Canti d'amor gioioso, "La Repubblica", 07/07/'08)

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