giovedì 3 luglio 2008

Gao Xingjian: "Per la Cina io non esisto"


"Esiste una Grande Muraglia invisibile che impedisce la comprensione fra l'Occidente e la Cina? Noi e loro siamo destinati a non capirci perché i nostri linguaggi, i sistemi di valori, i contesti storici delle due civiltà sono troppo distanti? Il teorema dell'incomunicabilità ha auto un revival in tempi recenti, da quando si è visto che il formidabile sviluppo economico cinese non sfocia automaticamente nella evoluzione politica verso la liberaldemocrazia. I leader della Repubblica Popolare difendono da tempo una presunta irriducibile diversità dei 'valori asiatici' per respingere le critiche sui diritti umani e le libertà. Pochi possono affrontare questo tema con la lucidità di Gao Xingjian, il premio Nobel cinese della letteratura. Romanziere, commediogarfo e pittore, Gao vive in esilio a Parigi dal 1988. L'esperienza della diaspora ne fa un osservatore acuto dei due mondi. Lo incontro ad Agliana, dove è venuto ad assistere alla messa in scena di La fuga (Titivillus Edizioni), il suo dramma ispirato alla rivolta di Piazza Tienanmen. Lei parla perfettamente francese eppure da vent'anni continua a scrivere in mandarino. La distanza linguistica è il segnale che ci sono idee, vicende, rappresentazioni del mondo che restano 'intraducibili' al di fuori del contesto storico in cui sono nate? 'Non sottovaluto le difficoltà della traduzione. Ma dagli ostacoli grammaticali, lessicali e sintattici non bisogna estrapolare delle conclusioni estreme. Capire la Cina, per un europeo di oggi, non è più difficile di quanto lo sia per voi stessi capire la Grecia antica: anche quello indubbiamente era un mondo assai diverso. Del resto anch'io sono in grado di leggere e di amare i classici greci. Non ci sono delle vere barriere per la comunicazione tra Occidente e Oriente. io sono un esempio di questa possibilità. Sono interessato da sempre alla cultura occidentale, ma anche a quella sudamericana, africana, e conosco in parte quella indiana'. [...] Lei è l'unico autore cinese ad avere ricevuto il Nobel. Negli ultimi vent'anni l'atteggiamento del regime nei suoi confronti non è mai cambiato? 'Io in Cina ufficialmente non esisto. Continuo a essere invisibile, una non-persona. Nelle enciclopedie, nei testi di storia letteraria, o negli archivi dei giornali, hanno cancellato il mio nome dall'elenco dei premi Nobel della letetratura. Quindi per i cinesi il Nobel del 2000 non fu mai assegnato. Quando vado a Hong Kong - l'unica città cinese dove mi è consentito rientrare, per il suo statuto autonomo - ci sono dei connazionali che vengono ad ascoltarmi, a dialogare con me. Possono farlo a patto che non scrivano nulla su di me quando tornano a casa. In questo senso qualcosa è cambiato. Il dibattito fra i cinesi, nella loro vita privata, è certamente più libero e disinvolto rispetto ai tempi del maoismo. Ma tutto ciò che diventa pubblico è ancora sottoposto a un controllo e a limitazioni stringenti'. [...]" (da Federico Rampini, Per la Cina io non esisto. Un esilio lungo vent'anni, "La Repubblica", 03/07/'08)

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