lunedì 8 novembre 2010

Jung, Il libro rosso


"Gli anni che precedettero la prima guerra mondiale furono per Carl Gustav Jung (1875-1961) attraversati da strane premonizioni. Poco più che trentenne, cominciò ad avere delle visioni apocalittiche. I suoi occhi erano colmi di terrificanti inondazioni, vedeva macerie ovunque e fiumi di sangue scorrere per l´Europa. Pensò di essere pazzo. Quegli stati di veglia, durante i quali gli accadeva di provare angoscia e tremore, non potevano tuttavia ridursi a semplici fantasticherie. Da bambino, gli accadde spesso di sognare una figura che la voce della madre definiva il «divoratore di uomini». Chi era quel personaggio che di notte portava lo scompiglio nella testa del giovane Carl?
Ancora molti anni dopo, riflettendo su quell´esperienza allucinatoria, Jung non sapeva se ricondurla alla favolistica dimensione di un orco o alla figura del Cristo. Forte era il disorientamento, ma forte al contempo la necessità di cercare una spiegazione che andasse oltre la pura ragione e la semplice esperienza sensoriale. Fu così che Jung cominciò ad annotare, come un allucinato sismografo, tutto quello che accadeva nel proprio mondo interiore. Non solo i sogni e le visioni, ma anche le letture fatte, gli scrittori compulsati, i saperi torturati, le civiltà confrontate, le mitologie, il folclore, l´arte, le religioni, insomma tutto, o quasi, confluì in quel grande e misterioso affresco incompiuto che è Il Libro rosso, di cui esce ora l´edizione italiana.
Nelle intenzioni di Jung, quel testo - per decenni considerato una sorta di Santo Graal della psicoanalisi junghiana - avrebbe dovuto descrivere le varie componenti della sua personalità, proprio a partire dalle sue fantasie. Le quali, sebbene agissero liberamente, appartenevano al sostrato antichissimo del mito. Jung aveva compreso che per conoscere se stessi occorreva perlustrare quel cantiere di sogni e di apparenti bizzarrie, di visioni e perfino di mostruosità che talvolta ci portiamo dentro. Era consapevole che non si trattava di semplici allucinazioni, ma di un mondo simbolicamente ricchissimo che l´epoca moderna aveva tentato di cancellare.
Il Libro rosso (o Liber novus) mette il lettore di fronte a due situazioni: gli fa conoscere Jung attraverso Jung; e contemporaneamente lo introduce a un metodo di lavoro che può illuminare la sua vasta produzione. È noto che egli fu allievo di Freud, con il quale scambiò, oltre che l´amicizia, lettere, giudizi e riflessioni. Quel rapporto - proprio negli anni in cui vennero poste le premesse alla sua opera più intima - si esaurì. Nel 1914 Jung uscì dall´Associazione psicoanalitica internazionale. Alla base della rottura ci fu più di un motivo. C´era, innanzitutto, quella che Jung definì l´ortodossia freudiana e l´eccesso di dogmatismo dottrinario; c´era il diverso modo di interpretare la libido (per Freud la libido era riconducibile esclusivamente alla pulsione sessuale; mentre per Jung essa si apriva anche ad altre pulsioni psichiche); c´era la diversa lettura che entrambi davano dell´inconscio (per Freud all´inizio una tabula rasa su cui via via vengono depositati gli atti rimossi dalla coscienza; per Jung viceversa l´inconscio è già definito fin dall´origine); infine il metodo freudiano era soprattutto un´analisi retrospettiva, tendeva cioè a ricostruire gli antecedenti del materiale psichico osservato; quello junghiano privilegiava la vita nella sua complessità simbolica e immaginativa. Di qui l´importanza che agli occhi dell´ex allievo assunsero alcuni archetipi: "Persona", "Ombra", "Anima", "Sé", che egli interpretò come manifestazioni differenti della personalità.
Il Libro rosso può dunque esser letto anche come il tormentato emanciparsi dalla figura del maestro. Il differente approccio junghiano alla vita psichica, includeva l´esistenza di un conflitto con la figura paterna, sia reale (come nel caso del distacco da Freud) sia simbolica (quando gli accadde di riflettere sulla morte di Dio). Jung meditò a lungo sullo Zarathustra di Nietzsche. Ne concluse che - grazie all´anima - il dio che muore rinasceva nelle sue multiformi espressioni.
Il Libro rosso è una delle grandi avventure clandestine del Novecento. Jung ne interruppe improvvisamente la stesura negli anni Venti, per poi riprenderla nel 1959. Ma anche in quella occasione prevalse la sospensione. Per anni il testo fu inaccessibile. Del resto, non era chiaro se Jung lo considerasse pubblicabile. Gli eredi, grazie al lavoro di persuasione di Sonu Shamdasani, lo hanno infine consentito. E questo, sebbene la parte scritta e quella disegnata (vi ricorre, ad esempio, il grande tema del Mandala) inducano a catalogarlo tra i suoi frutti più esoterici. D´altro canto, Il Libro rosso rivela un mondo che ci sorprende per ricchezza concettuale, per affezione a civiltà remote e diverse dalla nostra, per quei nessi sotterranei che mostrano l´immenso talento di chi li ha saputi creare. Più che un monumento alla psicologia, o un semplice documento intimo, Il Libro rosso è la prova che i grandi spiriti sanno guardare l´abisso della follia senza esserne inghiottiti." (da Antonio Gnoli, Appunti di viaggio verso l´abisso, "La Repubblica", 07/11/'10)

New York, ecco Il libro rosso di Jung ("La Repubblica")

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