sabato 6 novembre 2010

Jack & Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle


"A quindici anni Jane Austen era già Jane Austen? Be', forse no. Ma se retrospettivamente milioni di lettori (e di spettatori dei film e dei serial televisivi ricavati dai suoi romanzi e persino dalla sua vita) avrebbero adorato conoscere di persona quella schiva zitellina di provincia - immaginate la folla se costei miracolosamente si manifestasse oggi al Salone del Libro di Torino, oppure al Festivaletteratura di Mantova, o a Pordenonelegge -, anche la sua incarnazione adolescenziale, per quanto immatura, incuriosirebbe assai.
Il breve romanzo comico oggi recuperato - per la prima volta in italiano - tra gli scritti giovanili, Jack & Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle (Donzelli), e attraentemente pubblicato da solo, come chicca, col commento di deliziose illustrazioni in seppia di Andrea Joseph, artista moderna ma conterranea della Austen, mette in mostra un talento divertito e pieno di malizia, nonché un occhio già puntato sul piccolo mondo periferico dei grandi romanzi futuri.
Già il tema è classico della Austen successiva, la caccia a un marito, proprio come, mettiamo, in Orgoglio e pregiudizio, con uno scapolo ancora più bello, ricco e pieno di sé di Darcy, e con una folla di gallinelle scriteriate che a costui fanno disordinatamente la posta. C'è - altra anticipazione dei romanzi - una scena cerimoniale d'insieme, nella fattispecie un ballo mascherato con cui qui si apre la sgangherata vicenda. Ci sono alcune lettere, secondo il modello del romanzo epistolare all'epoca ancora in grande voga, non senza alludere al maestro Richardson, autore di Pamela, Clarissa e del non meno parodiato Sir Charles Grandison. E ci sono, specialità della Austen romanziera provetta, ripetute confidenze tra femmine, con varie gradazioni di spontaneità e di astuzia.
La differenza è che nel librino giovanile, giocoso e comunque per uso privato, tutto è esagerato fino alla parodia - fino al grottesco verrebbe fatto di dire, se grottesco non fosse l'ultimo aggettivo applicabile a Jane Austen, lontana dall'esagerazione deformante anche in questa tenera età. Ben sopra le righe è comunque l'allegra insistenza sul fatto che molti personaggi bevono, che bevono abitualmente e smodatamente, a partire dalla protagonista Alice, che è quasi sempre brilla. Questa insistenza, audacemente trasgressiva in una ragazzina-autrice nel 1790, sarebbe stata impossibile, intollerabile, inconcepibile in epoca vittoriana, diciamo mezzo secolo dopo. Colpisce la disinvoltura con cui sono ammanniti particolari raccapriccianti come la gamba rotta di Lucy presa in una tagliola e l'avvelenamento della stessa Lucy da parte di una donna gelosa che poi finisce sul patibolo.
Infine, va segnalata una rarità, vale a dire un colloquio tra due uomini, il signor Johnson che offre in sposa Alice allo sdegnoso Charles Adams, il quale sdegnosamente rifiuta. Questo sembra addirittura un unicum in tutta l'opera della nostra. Come è noto, infatti, il metodo di Jane Austen fu sempre quello di non mostrare mai alcunché di cui ella non fosse a conoscenza diretta; dunque non scene di battaglia nei suoi romanzi, che pure furono scritti e ambientati durante le guerre napoleoniche; ma nemmeno un semplice dialogo tra uomini soli, senza che almeno un personaggio femminile sia presente.
Veloce e capricciosa, la trama di Jack & Alice consiste dunque soltanto delle suaccennate e abbastanza assurde mene di varie donne per accalappiare il predetto Charles Adams, saltando di palo in frasca senza mai dilungarsi su nessuna situazione, eccezion fatta per l'ostinazione con cui sia Lady Williams sia Alice ribadiscono ciascuna un proprio punto irrilevante fino al punto di bloccare lo scambio." (da Masolino D'Amico, E' Jane Austen questa cattiva ragazza, "La Stampa", 04/11/'10)

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