lunedì 15 giugno 2009

Il libro degli elogi di Alberto Manguel


"La mia biblioteca è una sorta di autobiografia. Nel proliferare degli scaffali vi è un libro per ogni istante della mia vita, per ogni amicizia, per ogni delusione, per ogni cambiamento. Segnano i miei anni come le pietre bianche che indicano la strada di un pellegrino. Un'annotazione sul margine, una macchia di caffè, un biglietto del tram dimenticato, servono a segnalare antichi anniversari. La mia copia di Don Chisciotte (in due volumi, curato da Isaìas Lerner e Celina S. de Cortàzar, con illustrazioni di Roberto Pàez, pubblicato dall'amata e compianta Eudeba, vittima come tante buone cose della dittaura militare) mi riporta al mio Colegio Nacional di Buenos Aires, alle affascinanti lezioni di letteratura spagnola in cui lo stesso Lerner, brillante erudito, ci comunicava la sua passione per la letttura lenta, insegnandoci a indugiare su un testo fino a conoscere a memoria la sua accogliente geografia. Lerner ci ha insegnato a diventare amici dei classici, a sentirli intimi senza lasciarci intimidire. La cronaca di quegli anni è tracciata nel mio Garcilaso, nella mia Celestina, nel mio Gonzalo de Berceo, nel mio Arcipreste de Hita. La mia amicizia con loro data da quelle lezioni. Il mio piacere della lettura è ancora più antico. Racconti, leggende, avventure, le vite ricche e rischiose del Capitano Nemo, di Sherlock Holmes, di Renart la volpe e del Gatto con gli stivali, di Robinson Crusoe, di Pinocchio, di Nazirinho, e di tanti altri che ho conosciuto tra le pagine di un libro, sono stati miei fin da prestissimo. Due aspetti della lettura mi davano piacere soprattutto: conoscere la conclusione dei loro viaggi e poterla dimenticare quando riaprivo il libro ancora una volta. Una delle meraviglie della lettura, comune nei bambini e nei lettori di una certa età, è la ripetizione. I teologi hanno decretato che neppure Dio può ripercorere il passato; tale potere negato a qualsiasi Autore apaprtiene tuttavia a ogni lettore disposto a ritornare alla prima pagina di un racconto. Piacere del dialogo con antichi illuminati, piacere dell'avventura straordinaria. Ancora, e non minore, piacere dell'esperienza indiretta, vissuta da un altro soltanto per noi. Vivere nell'Inghilterra di Dickens, nella Madrid di Galdòs, nella Sicilia di Pirandello; assistere alle scoperte di Fabre e di Plinio; sentire la passione di Medea, la desolazione di Torless, la ribellione di Montag, la tristezza di Pel di carota; essere, per un momento, quel che hanno sognato di essere quelle creature soavemente immortali. Vivere l'impossibile: perdermi nell'oscuro piacere degli incubi di Bioy Casares, di Stevenson, di Wells, di Silvina Ocampo, di Cortàzar, di Tibor Déry, di Kobo Abe. A volte la funzione dei miei libri è rivelatrice. Leggere per la prima volta Benjamin, sir Thomas Browne, Chesterton, Calasso, Vila-Matas ed essere guidato attraverso un luminoso labirinto di idee che sembra costruito per aiutarmi a pensare, diventa per me un'esperienza equivalente all'illuminazione di cui parlano i sapienti. In quelle sere epifaniche il piacere è puramente e profondamente intellettuale, un atto di cui le nostre società oggi disprezzano il valore. (...) A volte, la funzione dei miei libri è quella di reliquiari. La mia copia di Redoble de conciencia di Blas de Otero, con la copertina color argento della Editorial Losada su cui è annotato un numero di telefono ormai per sempre segreto, mi ha seguito in una delle mie escursioni nel sud dell'Argentina, durante i miei anni del liceo. Sulla riva di un lago ai piedi delle Ande, intorno al falò del nostro accampamento, dopo aver cantato a squarciagola El ejército del Ebro, un compagno di classe aprì il mio libro e ci lesse a voce alta una poesia di Blas de Otero. Ci appassionò: Dio e la lotta rivoluzionaria si adattano perfettamente alle passioni del lettore adolescente. Anni più tardi, in Canada, dopo essere stato informato della morte di quell'amico in un carcere militare in Patagonia, trovai la poesia che aveva recitato quella sera e che termina così a pagina 120: 'E io in piedi, ostinato, con le braccia spalancate, / che grido non morire. Perché i morti / muoiono, finisce tutto, non c'è più rimedio'. Non c'è rimedio. La lettura non consola." (Alberto Manguel, Leggere è un gran piacere!, "Il Sole 24 Ore Domenica", 14/06/'09; anticipazione dal libro di Manguel, Il libro degli elogi, Archinto)

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