venerdì 6 agosto 2010

Tendenza Lisbeth, l'eroina di Larsson che ha cambiato le signore in giallo


"Una delle chiavi del successo di Stieg Larsson si chiama Lisbeth Salander. È lei il personaggio trainante della Millennium trilogy. Pallida e magra, piercing e tatuaggi, «un gatto randagio», l'orfana che ha subito il male da qualcuno molto vicino. Secondo il tribunale minorile è una malata di mente, per i suoi insegnanti una disadattata sociale, agli occhi dei lettori, invece, lei, hacker geniale, è un' eroina. Da letteratura popolare per la quale viene naturale fare il tifo. Nonché un «modello» che ha spinto tante a leggere, a scrivere. E a creare tipi come lei. Una tendenza che le donne del giallo spiegano così. «Ha dentro tutto. Vendette, combattimenti: a un certo punto,è ferita, pensano che sia morta, la sotterrano e lei esce dalla tomba! E in più questa sua genialità informatica di cui non capiamo niente ma che ci affascina. L'elemento di novità è che questo personaggio così flamboyant sia una donna», constata Dominique Manotti, la giallista francese che in patria definiscono l'anti-Vargas per lo spessore sociale delle sue trame (l'ultimo in ordine di tempo è Il corpo nero, Marco Tropea).
Di certo Lisbeth la detective è il segno letterario più evidente del cambiamento in atto nel panorama della produzione di genere, dove le donne non sono più signore con l'hobby dell'investigazione ma fanno "cose da uomini". Dall'Fbi alla medicina legale. C'è una logica di mercato, perché ci sono tante lettrici che devono identificarsi. Ma non solo. Perché il tema della violenza sulle donne, centrale in Larsson, è un dramma sociale. Il nuovo romanzo giallo punta più sulla psicologia del personaggio femminile, che non sull'azione vera e propria: da qui la sostituzione di intrecci intricati con un groviglio di storie affettive spesso fallimentari e di ambienti di lavoro molto competitivi, in cui la risoluzione di un omicidio, la ricerca della verità e della giustizia sono l'occasione per ridefinire la condizione della donna, tenendo anche il filo della riflessione post-femminista. «L' occidentale tipo è un uomo bianco, di mezza età, eterosessuale, con una macchina e un certo reddito», afferma Liza Marklund, autrice edita da Marsilio. «Nonostante rappresenti meno del 20% della popolazione, l'intera società è costruita su di lui e per lui. Ecco questo è stato il prototipo del poliziesco per decenni, se non per secoli, e le donne non hanno trovato alcuno spazio». È sottinteso che non è più così: «Era solo questione di tempo prima che le donne cominciassero a scrivere di questi argomenti e a farlo meglio. Perché il rinnovamento è la diretta conseguenza dell'uguaglianza sessuale». Per dieci anni reporter investigativa e fondatrice della casa editrice Piratförlaget, la Marklund ha scritto moltissimo di uomini che odiano le donne, demistificando l'idea della Svezia patria della parità fra sessi: «la violenza contro le donne è una enorme e troppo trascurata persecuzione non solo da noi ma in ogni società su questa terra. Uso i miei libri per trattare e descrivere queste questioni».
Nei paesi scandinavi la letteratura poliziesca ha sempre avuto una forte carica di critica sociale, però, avverte, «non tutte le scrittrici contribuiscono alla liberazione femminista». La sua eroina, Annika Bengtzon è stata picchiata, violentata, rapita, le hanno sparato e quasi moriva strangolata: «Ama i bambini, è ambiziosa ma a tratti scortese con le colleghe, insicura con gli uomini e insieme profonda. Alle donne non è permesso di fare il genere di errori che Annika compie. Questo produce qualcosa simile ad un incantesimo: se continuo a scrivere e parlare di lei abbastanza a lungo, forse il resto di noi sarà capace di essere simile a lei». Ma la rivoluzione era ovviamente cominciata prima di Lisbeth. «Sarebbe sufficiente uno sguardo sulla mutazione dei soggetti femminili nella produzione venticinquennale di James Ellroy - fa notare ancora la Manotti- per capire il fenomeno. Negli Stati Uniti si svolgono dibattiti all'interno di associazioni femministe su che cosa conviene che facciano i personaggi femminili perché siano veramente esemplari». Costruire protagoniste forti per edificare le nuove generazioni è un'altra delle invarianti letterarie tese a valorizzare la cultura specifica femminileea segnalare la presenza inaccettabile della violenza e della subordinazione. Lo dimostra anche Petra Delicado di Alicia Giménez-Bartlett, una delle mamme del giallo sociale, dove l'indagine s'intreccia ai temi dell'immigrazione, dell'emarginazione e ai diritti delle donne. Le scrittrici spesso chiedono alle loro alter ego detective grandi cose quasi quanto sembrano aspettarsele dalle donne nella vita reale. A volte troppe. «Con onestà dovremmo ricordare a noi stesse che non possiamo avere tutto. Perché quando ce lo aspettiamo, qualcun altro in genere ne paga il prezzo», osserva Sharon Bolton, autrice di thriller esoterici (l'ultimo Sacrificio uscito per Mondadori) che ha appena finito un romanzo basato su uno stupro di gruppo. E che su Lisbeth ha le idee chiarissime: «È intelligente, sexy, e può innamorarsi profondamente. Come fa a non piacere?». E soprattutto: ha avuto anche un'incarnazione cinematografica. Cosa che ne ha aumentato la popolarità. E la "riproducibilità". Come fa notare Dominique Sylvain, giallista nativa di Thionville, in Lorena. Lisbeth è la giusta sintesi di crudeltà e dolcezza, un po' freak vendicatrice e un po' «maghetto», che oltretutto soffre di un tipo di autismo, la sindrome di Asperger. Prima di lei ci sono state altre investigatrici con disturbi psichici, come la Camille di Gillian Flynn, reporter affetta da un disturbo di automutilazione (Nei luoghi oscuri, Piemme), «o come la psichiatra Vera Cabral ideata dalla scrittrice francese Virginie Brac», ribatte la Sylvain: «aggiungere caratteristiche ai vari personaggi in modo che ci si possa identificare meglio e quasi interagire psicologicamente con loro, è una tecnica standard delle serie televisive». Larsson è stato particolarmente efficace nell'assemblare tutti questi diversi elementi creando un personaggio facile da ricordare. «Se Lisbeth rimarrà un punto di svolta nella storia dei personaggi del romanzo poliziesco si vedrà solo tra qualche anno, di sicuro oggi condiziona molto. Purtroppo a causa della prematura morte del suo creatore, non incontreremo più Lisbeth»." (da Sebastiano Triulzi, Tendenza Lisbeth, l'eroina di Larsson che ha cambiato le signore in giallo, "La Repubblica", 05/08/'10)

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