lunedì 5 settembre 2011

La sfuriata di Bet


"Il dibattito più consistente dei nostri giorni vede opporsi un New Italian Realism a una New Italian epic, che poi altro non sarebbe se non il tentativo di rilanciare il romanzo storico. Non c’è dubbio che Christian Frascella, torinese, alla sua terza prova narrativa, con l’appena uscita Sfuriata di Bet (Einaudi), si pone nella prima casella.
Mi è già venuto altre volte di ricordare in proposito la lontana stagione di I Gettoni (Einaudi), al centro del nostro neorealismo, che così vedrebbe un’impensata resurrezione, portandosi dietro pure l’annesso carattere di rifiutare ogni addentellato ideologico. Quelle smilze prove patrocinate da Vittorini e Calvino ebbero il merito di non procedere oltre verso un realismo gravido di plumbee certezze, vedi il corollario tentato da Pratolini col Metello.
Così, la protagonista di questo fresco quasi-reportage di Frascella, Elisabetta Corvino, è un’adolescente che non vuole certezza, ma vive di proteste e rifiuti, istintivi, umorosi, quasi si ponesse come erede dei fermenti giovanili del ‘77 e del ‘90, collegandosi magari con gli indignados spagnoli.
C’è prima di tutto il rifiuto della triste realtà in cui le tocca vivere, in una Torino proletaria, certo non affetta da pauperismo, ma dai relitti di un benessere e di un consumismo sempre più appannati, a cominciare da quanto si respira nella sua e in altre famiglie, ovviamente divise, il padre se n’è andato a Roma, lasciando la coniuge alle prese con la difficoltà di tirar su una giovane scalpitante, che fiuta ovunque l’ipocrisia degli adulti, sempre pronti a predicar bene ma a razzolar male, e non fanno certo eccezione le insegnanti, su cui la nostra Elisabetta Corvino traccia degli identikit implacabili: l’una puzza, l’altra è perfida e maliziosa nei comportamenti, il preside è un sepolcro imbiancato. Non le resta allora che cercare solidarietà in casi analoghi, come quello di Viola, più avanzata negli anni, tanto che porta in grembo un nascituro, nei cui confronti non tenta nemmeno di accertare la paternità, orgogliosa di prendere in mano il proprio destino, ovvero di vivre sa vie, che può essere il grido di battaglia di sapore neo-esistenzialista in cui tutto questo mondo giovanile si riconosce.
Ma evidentemente non basta protestare con le parole, seppur imboccando tutte le soluzioni del turpiloquio, ovvero della parlata più dimessa e virulenta,
occorre che la «sfuriata» batta vie più impegnative, ecco allora che la nostra Bet, stanca delle ennesime ramanzine e minacce provenienti da ogni potere costituito, si fionda nella presidenza della sua scuola e si incatena a un termosifone, avendo avuto la prudenza di spegnerlo per non finire arrosto, e là, novello Prometeo in sedicesimo avvinghiato a una rupe tecnologica, resiste ai tentativi di snidarla messi in atto dal mondo degli adulti, e perfino dal loro braccio armato, la polizia. A questo modo Bet ricalca il gesto ben più temerario presente nel Sopravvissuto (Bompiani) di Antonio Scurati, di quel suo fratello in armi che entra nell’aula degli esami di maturità e fredda uno a uno i suoi docenti. Ideando quella protesta estrema, Scurati si era messo alla testa di un New Realism forte, aggressivo, che in fondo conteneva pure una buona dose di epica, ma poi, ahinoi, egli è passato a coltivare con esiti meno felici il versante del romanzo storico.
Ovviamente il gesto parossistico di Bet legata al termo rimbalza su tutti i media elettronici dei nostri giorni, l’eroina si vede invitata da Vespa e da ogni altro talk show, mentre fioccano su di lei le email di consenso.
Da ciò si deve cogliere una morale. La narrativa di oggi è consapevole che non può rifiutare la sfida, che deve farsi equipollente del potente fiume narrativo ormai esulante dalla carta scampata per dilagare nei mille rivoli o fiumi della comunicazione elettronica. È un mare tempestoso, o una limacciosa bonaccia, che bisogna navigare, tentando di mettersi alla pari, e magari di segnare qualche punto a proprio favore, come succede proprio alla nostra Bet, che sul limitare inscena un evento «in diretta», la compagna del cuore Viola è costretta a partorire addirittura in un ascensore, secondo l’eroismo in cui la condizione della donna batte quella lecita ai maschi." (da Renato Barilli, Frascella, la ballata della giovane indignada, "TuttoLibri", "La Stampa", 03/09/'11)

Frascella nel catalogo Fazi

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