Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
lunedì 28 aprile 2008
Il treno dell'ultima notte di Dacia Maraini
"Una giovane donna percorre in treno i paesi dell’Est europeo, oltre la 'cortina di ferro' - siamo nel 1956 - per inseguire un sogno delicato e fragile, per riallacciarsi a un mondo e a un tempo che non si rassegna a considerare perduti. Che cosa cerca sotto i cieli grigi della guerra fredda la protagonista del Treno dell’ultima notte, l’eroina di Dacia Maraini che porta, come un presentimento, il nome di Maria Amara? E’ una giornalista alle prime armi, ma l’impegno professionale è poco più che un pretesto. Spera, si illude di trovare le tracce di Emanuele, scomparso nel vortice della Seconda guerra mondiale. Si conobbero bambini, appena adolescenti, a Firenze dove entrambi abitavano. Dal giorno in cui il ragazzo le apparve tra i rami di un ciliegio e fece cadere ai suoi piedi un lucido frutto (quel ricordo è un leit-motiv del romanzo) si giurarono ingenuamente amore eterno. Ma allo scoppio del conflitto Emanuele, che appartiene a una facoltosa famiglia ebraica, si trasferisce a Vienna, di cui gli Orenstein sono originari. A muoverli è il patriottismo, una orgogliosa fedeltà all’Austria, che tuttavia non paga agli occhi del nazismo. Finiranno infatti, trasecolati, in un campo di concentramento e poi ad Auschwitz. Le loro traversie, e l’uccisione dei genitori, sono raccontate da Emanuele in lunghe, affettuosissime lettere ad Amara, nonché in un diario riemerso fortunosamente dalle rovine del ghetto di Lodz. Adesso la donna, che ha alle spalle un matrimonio fallito, si è risolta a placare l’ossessivo ricordo del 'suo' ragazzo. Vuole sapere se è sopravvissuto o in che modo abbia trovato la morte. E porta con sé, come un talismano, le sue lettere, che compulsa per farsi coraggio. L’avvio, inevitabile, della ricerca è Auschwitz, che riserva soltanto la testimonianza atroce di un generalizzato sterminio. L’indagine di Amara si volge allora ai pochi superstiti, agli eventuali parenti di Emanuele, in una frustrante erranza tra Cracovia, Budapest e Vienna. Le difficoltà burocratiche, la propensione ottusa alla dimenticanza sono compensate dal generoso sostegno di Horvath, il bibliotecario magiaro scampato dalla mattanza di Stalingrado, e di Hans, esperto in migrazioni, per il quale sembra nascere in Amara un possibile, esitante affetto. Ad ogni incontro si risvegliano dolori sopiti, si aggiungono nuove rivelazioni sulle pratiche immonde dei Lager. Forse con qualche insistenza di troppo sul tema, che suona sia pure nobilmente didascalica, da parte di Dacia Maraini. La svolta avviene nei giorni di ottobre, quando Amara e gli amici vengono sorpresi a Budapest dalla rivolta ungherese e dalla spietata repressione sovietica. Quei fatti che sconvolsero il mondo e aggiunsero una macchia indelebile sulle bandiere del comunismo vengono raccontati in presa diretta con un forte respiro epico. L’orrore del passato sembra prolungarsi nel presente e quasi preludere alla rivelazione ultima sul destino di Emanuele, che segnerà per Amara una agghiacciante sconfitta. Queste, per sommi capi, le vicende di un romanzo gremito di storie, situazioni e risentite figure, animato da un grande impegno morale e civile, certo il più riuscito dopo La lunga vita di Marianna Ucrìa. Rappresenta per Dacia Maraini una personale resa dei conti con le zone buie, abissali, del Novecento (nelle quali entra anche l’esperienza del fascismo, di cui la famiglia di Amaraha patito a Firenze la violenza). Compie con la sua protagonista un viaggio nel regno dei morti, su quel treno che viaggia in una Europa dove sopravvivono, tra case bombardate e campi minati, nella penuria di viveri e speranze, le cicatrici della guerra e dell’odio. Il 'threnos', che è mezzo di trasporto ma allude anche, grecamente, al canto funebre. Amara, che ama i buoni libri, porta con sé, come avallo e memento, il conradiano Cuore di tenebra, solcato da una vacua e tesa disperazione. Ma affiora anche, tra le sue letture, L’idiota di Dostoevskij. Le è caro il principe Myskin, per il suo 'sorriso devastato ed ebete (che) lo spingeva verso i precipizi del mondo'." (da Lorenzo Mondo, Sotto i cieli grigi del Novecento la Storia ha cuore di tenebra, "TuttoLibri", "La Stampa", 26/04/'08)
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1 commento:
La famiglia non finisce affatto ad Auschiwitz-Birkenau. I genitori di Emanuele muoiono prima di entrare in campo di sterminio. Mentre lo stesso Emanuele finisce nel campo di Dachau. Lo specifico per dovere di cronaca e anche perchè il racconto di Emanuele nel campo è forse la parte più significativa di tutto il romanzo.
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