lunedì 4 maggio 2009

Pamuk: "I miei maestri italiani"


"Ho letto per la prima volta un libro di Italo Calvino, La giornata d'uno scrutatore, quando avevo vent'anni, nel 1973. Non è un Calvino molto famoso, forse allora è stato tradotto in turco in quanto si trattava di un'opera poltiica. in ciò che racconta questo libro, cioè il rapporto fra religione e politica, è facile trovare delle similitudini con la Turchia di oggi. Ma a impressionarmi di più a quel tempo era l'approccio sereno e la leggerezza usata dall'autore nell'affrontare un argomento politico, di per sé pesante. Per me il lato più brillante di Calvino, nei momenti di grande drammaticità, in cui sembrava non entrarci nulla, era per l'appunto quello di riuscire a tenere sempre vivo il senso dello humour a vedere la leggerezza delle cose. All'inizio delle sue Lezioni americane Calvino dedica un capitolo proprio alla 'leggerezza'. La 'leggerezza' è nell'anima, nel carattere di Calvino, ma nella letteratura questa specificità non si impara, bisogna averla dentro, nascerci. In seguito, dopo aver letto altri libri di Calvino, ho imparato da lui a vedere la 'leggerezza' che si trovava dentro di me. Perché quel che possiamo apprendere da un grande scrittore, da un romanziere, non è come imitarlo, ma piuttosto vedere come guardare a noi stessi e alle nostre vite. Oltre a Calvino ho tratto insegnamenti da molti altri scrittori italiani, e attraverso quel che ho appreso da loro ho poi costruito me stesso; ho guardato con occhi nuovi, a me e al mondo. Leggere altri scrittori intelligenti, farsi influenzare da loro, per l'uomo vuol dire guardare con occhi nuovi a se stesso e al mondo." (da Orhan Pamuk, I miei maestri italiani, "La Repubblica", 03/05/'09)

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