martedì 9 dicembre 2008

Jean-Marie Le Clezio: "La necessità di scrivere"


"Perché si scrive? Immagino che ciascuno abbia una sua risposta a questo interrogativo così semplice. Contano le predisposizioni, l'ambiente, le circostanze. Le inettitudini, anche. Se si scrive, significa allora che non si agisce. Che ci si sente in difficoltà alle prese con la realtà, che si sceglie un altro mezzo per intervenire, un altro modo di comunicare, una distanza, un tempo per riflettere. [...] Allora, perché scrivere? Lo scrittore - già da tempo - non ha più la presunzione di credere che potrà cambiare il mondo, che con i suoi racconti e i suoi romanzi potrà dare origine a un modello di vita migliore. Più semplicemnete, vuole essere testimone. Si osservi questo altro albero nella foresta dei paradossi: lo scrttore vuole, farsi testimone, quando nella maggior parte dei casi altro non è che un semplice spettatore. Lo scrittore non può essere miglior testimone di quando lo è suo malgrado, a malincuore. L'assurdo è che ciò che egli testimonia non è ciò che ha visto, né ciò che ha inventato. L'amarezza, talvolta la disperazione, nasce dal fatto che egli non è presente alla requisitoria. [...] Agire: è questo che lo scrittore vorrebbe più di ogni altra cosa. Agire, piuttosto che testimoniare. Scrivere, immaginare, sognare, affinché le proprie parole, le proprie invenzioni, i propri sogni intervengano nella realtà, cambino gli animi e i cuori, spalanchino un mondo migliore. E tuttavia, in quello stesso istante, una voce rivela allo scrittore che ciò non sarà possibile, che le sue parole sono soltanto parole che il vento della società disperderà, che i sogni altro non sono che chimere. [...] Lo scrittore, il poeta, il romanziere sono creatori. Ciò non significa che inventano la lingua, ma che la adoperano per creare bellezza, pensieri, immagini. Ecco perché di loro non si può fare a meno. Il linguaggio è l'invenzione più straordinaria del genere umano, perché precede ogni cosa, rende partecipi tutti. Senza il linguaggio non ci sarebbero le scienze, non ci sarebbe la tecnica, non ci sarebbero leggi, non ci sarebbe l'arte, non ci sarebbe l'amore. Ma questa invenzione, senza l'apporto di qualcuno che la trasmetta, diventa virtuale, teorica. Può diventare anemica, ridursi, sparire. Gli scrittori, in certa qual misura, ne sono i custodi. Quando scrivono i loro romanzi, i loro poemi, le loro opere per il teatro, fanno vivere il linguaggio. Non utilizzano le parole: al contrario, sono al servizio del linguaggio. Lo celebrano, lo affinano, lo trasformano, perché il linguaggio vive attraverso di loro, grazie a loro e accompagna le trasformazioni sociali e economiche della loro epoca." (da Jean-Marie Le Clezio, La necessità di scrivere, "La Repubblica", 09/12/'08; dal discorso che il Nobel per la letteratura Le Clezio ha tenuto sabato scorso a Stoccolma durante una conferenza)

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