giovedì 11 dicembre 2008

Almanacco Guanda 2008. Il romanzo della politica. La politica nel romanzo


"Nella secolare vicenda dei rapporti fra letteratura e disagio, irrazionalità, follia e turbamento, il Novecento ha fatto subito progressi. L'annuncio è stato dato fin dall'inizio da Freud: L'interpretazione dei sogni esce nel 1900, Psicopatologia della vita quotidiana nel 1904, anno di pubblicazione de Il fu Mattia Pascal. Quando il progetto illuministico di una società razionale non è altro, ormai da tempo, che gretto senso comune borghese e razionalizzazione capitalistica delle regole sociali, allora gli individui si ammalano, incapaci di stabilire un rapporto sia con l'ambiente che con se stessi. Nel Novecento anche nel genere letterario più controllato e realistico, il romanzo, qualcosa di radicale cambia. Arrivano personaggi in fuga da tutto, dal proprio passato e dalla prorpia identità sociale, perfino anagrafica. Personaggi soffocati, schiacciati da ambienti oppressivi e da impulsi oscuri, in un mondo sociale che si presenta come inabitabile, indecifrabile e che rende pubblicamente incompreso il desiderio di vita dei signoli. Nelle pagine meno strettamente letterarie del Romanzo del Novecento, quelle che riproducono i quaderni per le lezioni del 1963-'64, Debenedetti disegna la cornice psicoanalitica e sociologica della sua analisi letteraria, incentrata, come si sa, prevalentemente su Tozzi, Pirandello, Joyce e Proust, Svevo. Se il problema del personaggio novecentesco è la scissione angosciosa fra interiorità e maschera pubblica, fra l'io profondo e l'io sociale, bisognerà capire che cos'è in lotta fra questi due versanti dell'identità. [...] Se la struttura e lo stile del romanzo novecentesco hanno subito così rilevanti modificazioni rispetto ai modelli ottocenteschi, realistici e naturalistici, è perché stava emergendo, in forma di sintomo e di patologia, una realtà diversa, nascosta, sconosciuta, inconscia. Come il romanzo descriveva la presenza di una psicopatologia deformante, così Freud riesce 'ad appurare alle origini di quelle nevrosi un romanzo borghese, inconcepibile senza il modo di vivere, le idee, opinioni e costumi a cui era arrivata allora (...) la borghesia, un romanzo nel quale uno dei fattori attivi o almeno concomitanti, una delle cause o almeno concause, sono sempre la proprietà, gli averi, il denaro veduti con gli occhi idolatrici con cui la borghesia guardava queste cose'. L'inconscio della psicologia incontra l'ignoto della sociologia. [...] Trent'anni dopo, oggi, si parla di un ritorno del romanzo italiano alla realtà. Di che realtà si tratta? Stando al dossier messo insieme nell'Almanacco Guanda 2008. Il romanzo della politica. La politica nel romanzo, a cura di Ranieri Polese, si tratta di quella stessa realtà, fra politica, sesso, crimine e affari di cui parlava Pasolini nel suo libro incompiuto e postumo Petrolio. I 'mostri' umani o postumani che compaiono nel noir italiano (e nei fumetti), nei romanzi-inchiesta e nei reportage narrativi, nelle false autobiografie e nei romanzi-reality, rivelano una società che non è più borghese senza essere diventata altro. La nuova narrativa non riesce a inventare molti personaggi memorabili, ingloba personaggi reali (autori compresi) così come sono, con il loro nome, il loro corpo, la loro identità sociale. Forse si torna, se non alla realtà, a tutto ciò che accade e che non riusciamo a realizzare che cosa sia. Ci sono sempre stati, in ogni progetto letterario, diversi gradi di realtà. Per Dostoevskij le cose più reali erano il delitto, il castigo, il rimorso, la redenzione. Per Proust, la memoria involontaria, lo snobismo, il disinganno. Per Arbasino, la cosa più reale è il cattivogusto da cui ci si sente immuni. Per Calasso, i brividi che danno le briciole di metafisica sparse in un mondo che le ignora. Per i narratori del ritorno alla realtà le cose più reali oggi in Italia sono l'irrealtà televisiva e politica, i delitti di mafia e di camorra, gli immigrati resi schiavi da altri immigrati, gli assassini in famiglia, l'universalità della prostituzione e le neo-borgate come centro del mondo e profezia di futuro. Il postmoderno di fine Novecento aveva già indicato lo scenario a venire: una non-società, senza individui." (da Alfonso Berardinelli, Il romanzo, che manicomio, "Il Sole 24 Ore Domenica", 07/12/'08)

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