venerdì 11 febbraio 2011

Per favore, mi lasci nell'ombra


"Il tormento intimo di Carlo Emilio Gadda, che è proprio di tutta la sua opera, si riflette nella sua inquietudine editoriale. Comincia con le Edizioni di Solaria nel ’31, passa a Parenti, poi alla Le Monnier. Negli anni Cinquanta pubblica con Neri Pozza, con Vallecchi e con Sansoni prima di dividersi tra Einaudi e Garzanti. Quando, nel ’63, Gadda consegna La cognizione del dolore allo Struzzo, Livio Garzanti si inalbera e devono intervenire gli avvocati per risolvere la querelle. Ma alla lunga sarà Garzanti ad avere la meglio, tant’è che fino a oggi, con qualche eccezione, i libri di Gadda hanno trovato la loro sede più sicura presso la casa editrice milanese toccando il culmine, tra il 1988 e il 1993, con l’opera omnia in cinque volumi, a cura di Dante Isella.
Tra le infedeltà postume c’è Adelphi, con cinque titoli: Le bizze del capitano in congedo (1981), Il tempo e le opere (1982), Lettere a una gentile signora (1983), la raccolta di interviste Per favore mi lasci nell’ombra (1993), Villa in Brianza (2007). Adesso, l’Ingegnere si trasferisce armi e bagagli in casa di Roberto Calasso ed è un evento destinato a entrare nella storia dell’editoria. Non facile, avere a che fare con il timido, ritroso, eternamente dubbioso, geniale Gadda, neanche in sua assenza.
Nel suo studio di via San Giovanni sul Muro, Calasso sorride ricordando l’unico incontro con l’Ingegnere, un giorno del ’65 nella casa romana di Goffredo Parise: «Allora Adelphi aveva cominciato a pubblicare da poco più di un anno ed era guardata come un oggetto misterioso. Fu una storia buffa. Parise mi telefona e mi invita a colazione nel suo appartamento di Monte Mario. Mi dice: "Ci sarà Gadda, non sai quante complicazioni ha comportato, dubbi, incertezze, ha disdetto mille volte e alla fine ha accettato". Prima di arrivare, aveva mandato una cassa di vino. A colazione eravamo in quattro, c’era anche Giacinto Spagnoletti. Fu un incontro di altissima comicità». Spagnoletti si mise a ironizzare sugli ingegneri e sul Nord, pensando di dire cose gradite all’orecchio dello scrittore: «Gadda si adombrò, solo lui poteva scherzare su certi argomenti ... Finite quelle schermaglie, mentre guardava con sospetto e curiosità un quadro del "puma" Schifano appeso alla parete, pungolato da Parise, Gadda cominciò a parlare della Vita nova. Qualcuno gli aveva chiesto un intervento nell’ambito delle celebrazioni dantesche e lui disse che avrebbe voluto scrivere sull’importanza del messo: "Di solito si pensa sempre alla donna, invece la figura centrale è colui il quale porta i messaggi...". Continuava a ripetere: il messo, il messo ... Era un’idea che girava nella sua testa — forse ne aveva timore lui stesso. Ma non se ne sono trovate tracce scritte, per il momento. Ne venne fuori una grande commedia in cui Parise faceva bene la sua parte, sollecitandolo di continuo».
L'incontro con Arnaldo Liberati, nipote di Giuseppina, la governante che Gadda scelse come sua erede, è molto più recente e si è concluso qualche giorno fa con un accordo: mano a mano che scadranno i diritti, tutti i titoli usciranno da Adelphi. Si comincerà quest’anno con i racconti degli Accoppiamenti giudiziosi: «Da trent’anni abbiamo testimoniato la nostra passione per Gadda», dice Calasso. Tiene tra le mani un volumetto rosso della Piccola Biblioteca, Per favore mi lasci nell’ombra: «Il più divertente fra i libri di interviste. L’opera di Gadda è tremendamente complicata nella sua formazione anche editoriale e in questi ultimi diciotto anni, dopo la fine della grande edizione di Isella, sono venuti alla luce molti aspetti nuovi». Le carte dell’Ingegnere sono collocate in diversi archivi: alla Biblioteca Trivulziana (dove sono depositati i fondi Roscioni, Citati e Garzanti) si trovano soprattutto molte lettere, ma anche quaderni giovanili, appunti, dattiloscritti di articoli, bozze di stampa e stesure varie di romanzi e racconti. C’è poi un baule pieno di materiali conservato dagli eredi Liberati a Villafranca.
Del resto, Gadda, che si definiva un «archiviomane », non buttava niente: «Nell’Archivio Liberati, la cui catalogazione è in corso, è stato trovato, fra l’altro, l’autografo di Eros e Priapo, che sarà prezioso per la nuova edizione. È un libro che in origine fu giudicato "intollerabilmente osceno", una storia tortuosa, piena di ripensamenti». Si tratta del pamphlet con cui Gadda volle furiosamente fare i conti con il fascismo: fu Garzanti, nel ’67, a riesumare quel vecchio testo («un relitto sgradevole e rozzo», lo definirà l’autore stesso in uno dei tanti ripensamenti), scritto di getto e abbandonato molti anni prima: «Rimase nel cassetto per diverso tempo, e per l’edizione del ’67, che Gadda pubblicò un po’ obtorto collo, più per accontentare l’editore che per convinzione, fu lui stesso a edulcorare il testo e a censurarsi». Un lavoro impegnativo fatto con l’aiuto di Enzo Siciliano, ricorda Giorgio Pinotti, filologo della scuola di Isella e editor Adelphi, che avrà un ruolo centrale nella riproposta gaddiana, insieme a Paola Italia. «Ora abbiamo la redazione originale del 1944-1945 — continua Calasso — e la nostra edizione sarà un libro per molti tratti nuovo. Gadda è una palestra straordinaria per filologi veri: ci sono scrittori che nascono senza problemi, altri travagliatissimi, come Gadda, che non considerava mai le sue opere davvero finite. Ma nell’Archivio Liberati c’è materiale sorprendente di altro genere, come le fotografie scattate da Gadda nei luoghi del Pasticciaccio». L’uscita del nuovo Eros e Priapo è prevista per il 2013, mentre l’anno prossimo verranno riproposte le Meraviglie d’Italia e L’Adalgisa. Si tratterà di edizioni filologicamente rigorose: «Senza sovraccaricare il testo di apparati e note, questo no: però il lettore avrà modo ogni volta di ricostruire come un certo libro è nato e come si è trasformato». Altro discorso sono le lettere, non tutte edite, come quelle indirizzate all’amico Pietro Citati. Verranno, col tempo, anche gli scritti fascisti? Isella aveva una sua resistenza a divulgarli: «Nel frattempo sono già tutti usciti».
Calasso aggiunge: «Gadda va inteso nel contesto dei grandi esperimenti formali del Novecento europeo, così come Svevo, che però si potrebbe definire più mitteleuropeo che italiano. Gadda ha una storia di scrittore accidentata e un riconoscimento tardivo. Il successo internazionale gli venne con il Premio Formentor, nel ’63». L’Ingegnere era in lizza con Nabokov e ne venne fuori un caso editorial-diplomatico. «Nel 1961 avevano vinto Beckett e Borges. A pensarci gira la testa: quattro nomi che col tempo sono usciti intatti e anzi accresciuti. Difficile trovare, in altri premi, nomi di questo livello».
Prima di Gadda, fra gli autori pubblicati da Adelphi con l’opera completa o i libri maggiori: Croce, Sciascia, Ortese, Parise, Cristina Campo, Savinio, Landolfi, Michelstaedter, Manganelli, Malaparte, Morselli, Satta, Flaiano ... A questo punto, il catalogo del miglior Novecento è quasi completo. «Ho pensato che uno studente o uno straniero che voglia farsi un’idea della lingua e della letteratura italiana del secolo scorso troverebbe qui una costellazione variegata, dalla quale si può desumere che il Novecento italiano è stato molto più affascinante e intricato di come spesso viene raccontato». In effetti, Gadda è in ottima compagnia. Senza dimenticare L’ingegnere in blu di Arbasino: «Un libro scintillante, da mettere in mano a chiunque si voglia avvicinare a Gadda». Che cosa manca, ora, nel catalogo Adelphi? «Ovviamente Calvino e Elsa Morante. Con entrambi fu questione di un loro passaggio ad Adelphi, poi però si interposero ostacoli». Forse tra le assenze spicca quella di un altro grande del Novecento, il toscano Romano Bilenchi con la sua trilogia: «Fu molto amico di mio padre, che scriveva editoriali di politica interna per il "Nuovo Corriere", diretto da Bilenchi. Giornale eccellente. Ma conosco Bilenchi troppo poco, sicuramente a torto. Non sono andato oltre il Conservatorio di Santa Teresa». In compenso, da oggi, non ci si potrà mai pentire di Gadda: «Per anni è passato per un umorista e un eccentrico: la sua vera canonizzazione si ebbe quando Cecchi sul "Corriere" recensì il Pasticciaccio. Avevo sedici anni e ricordo benissimo sia l’uscita del Pasticciaccio sia l’articolo di Cecchi. Quel libro, che non somigliava a niente se non al tessuto stesso del mondo, mi diede la scossa per accedere a Gadda, alla sua comicità esplosiva su un fondo tragico. È questo il vero Gadda»." (da Paolo Di Stefano, L’ingegnere Gadda ha una nuova casa, "Corriere della Sera", 11/02/'11)

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