venerdì 11 dicembre 2009

Fabio Volo, trionfo del non scrittore


"Nell'ultimo weekend il romanzo di Fabio Volo, Il tempo che vorrei, ha venduto più di tre volte del Simbolo perduto di Dan Brown. Guerra totale in casa Mondadori. Non ce n'è per nessuno, nelle graduatorie, né per le Donne di cuori di Bruno Vespa né per Ammaniti, De Luca o Camilleri. In sé e per sé il successo di Volo è spiegabile soltanto su base empirica. Le classifiche sono classifiche. I tabulati sono tabulati. L'ex Iena, partner di Simona Ventura, ha accumulato negli ultimi sette anni centinaia di migliaia di copie di vendita. Il giorno in più, il suo libro precedente (2007) era arrivato al milione, comprendendo la pubblicazione in paperback e le edizioni Club del libro. Tutti gli altri volumi, fra le 650 e le 800 mila copie. Una decina di traduzioni all'estero, Spagna, Germania, Russia, Francia, comprese anche Turchia e Albania, più altre annunciate per la prossima primavera.
Più fenomeno di così si muore. Spiegabile, inspiegabile, impagabile, invidiabile. Trentasette anni, bergamasco di nascita e bresciano di elezione, ex panettiere ed ex barista, insidiosa calvizie incipiente, barba corta e compensativa: 'Sono un non scrittore', si autodefinisce. 'Sfogo in ogni modo una sorta di creatività, una ricerca di equilibrio, un bisogno di benessere'. Aldo Grasso ha detto di lui che qualsiasi cosa faccia 'se sent la vanga, la provincia che avanza'. Se è per questo Fabio Volo è stato anche un non cantante, un non presentatore, un non attore, un non protagonista televisivo: 'Non sono originale, ma sono autentico, senza filtri'. [...] Non è neppure un Moccia, non cammina tre metri sopra il cielo, non è oracolar-sentimentale. Sembrerebbe piuttosto uno baciato da una sorte glocal, dal genio della provincia abissale che entra nell'economia mondo, dotato di un carisma indefinibile ma che si sovrappone con immediatezza al gusto del pubblico. Fra chi lo frequenta, il giudizio è semplificatorio: 'Piace alle donne perché le fa ridere'. Le rassicura. E gli uomini? Misterio glorioso, come tutti i carismi autentici. Come non scrittore ha avuto l'audacia di mettere in exergo a Il tempo che vorrei una citazione di Cortazar e una di Borges ('Ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo. Non sono stato felice'). E poi di esordire così: 'Sono nato in una famiglia povera. Se dovessi riassumere in poche parole che cosa significhi per me essere povero, direi che è come vivere in un corpo senza braccia davanti a una tavola apparecchiata'. Si potrebbe facilmente parlare di trash letterario o di grado zero della scrittura, se non fosse che invece funziona alla perfezione un 'effetto specchio' verso il pubblico: qualsiasi lettore, completato il romanzo di Fabio Volo, si convince che quel libro avrebbe potuto scriverlo lui, provando le stesse sensazioni, avendo letto gli stessi libri, visto gli stessi film, amate più o meno le stesse donne, combattuto battaglie maschili con gli stessi amici della sera. Con qualche incursione nell'immaginario soul meno prevedibile: 'I'll trade all my tomorrows for a single yesterday ...', come canta Janis Joplin. O per rifugiarsi in menù da cena perfetta, secondo la penultima moda della seduzione a sfondo gastronomico: 'insalata, riso basmati e un'orata nel forno, con patate e pomodorini Pachino'. Il suo romanzo è diviso sostanzialmente in tre parti. Uno, la vita erotica del protagonista, Lorenzo. Due, la sua vita di lavoro. Tre, il ricordo della vita familiare, con il padre infilato ogni volta in iniziative commerciali fallimentari, bar troppo costosi, cambiali nel cassetto, creditori alle porte, e sempre in attesa di un responso su una malattia grave, un adenocarcinoma, ma forse operabile; non ci dovrebbe essere dramma nell'universo Fabio Volo. [...] E poi aforismi a iosa, 'L'amore è come la morte: non si sa quando ci colpirà'. Scene di ordinaria vita quotidiana e di fastidi reciproci con la morosa: 'Il rumore che faceva quando deglutiva. Al mattino quando aveva freddo e tirava su con il naso. Quando lasciava aperto il frigorifero. Quando masticava le fette biscottate. Quando con il dito pigiava le briciole a tavola e poi infilarsele in bocca ...'. Naturale che poi lei sposa un altro, anche se come in una canzone di Lucio Battisti viene da lui al mattino per un'ultima inferocita sessione d'amore. Mentre lui nel frattempo è diventato un genio della pubblicità e ha creduto di poter leggere l'Ulisse di Joyce 'perché ritenevo che, avendo studiato l'Odissea alle medie, sarei partito avvantaggiato' (poi il suo mentore lo fa ripiegare su On the Road di Kerouac. 'L'ho letto in due giorni e quando ho incontrato Roberto gli ho detto. "Ma questo non è un libro, questa è vita"'). Pura vitalità anche l'esistenza di Fabio Volo? 'Vado a Barcellona come a New York perché l'Italia mi sembra un Paese immobile: poltici vecchi, telespettatori vecchi, imprenditori vecchi. E' più facile diventare una rockstar che aprire un'impresina'. Ecco forse il segreto. Fabio Volo, da pronunciare e scrivere sempre con nome e cognome: uno qualunque. Il volto, di uno qualunque. Il talento, di uno qualunque. Lo stile, idem. E il suo libro, il manifesto inesorabile dell'Italia qualunque." (da Edmondo Berselli, Fabio Volo, trionfo del non scrittore, "La Repubblica", 03/12/'09)

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