lunedì 7 novembre 2011

Soffiando via le nuvole



Courmayeur Noir InFestival

"«Si vedeva il sangue. Più scuro di come te lo aspettavi. Era per terra davanti a
Chiken Joe’s. Una roba assurda. Jordan: “Ti do un milione di sterline se lo tocchi”. Io: “Tu non ce l’hai un milione”. Jordan: “Allora una sterlina”. Veniva voglia di toccarlo ma non potevi avvicinarti. In mezzo c’era un nastro: POLIZIA - NON OLTREPASSARE. Se oltrepassi il limite diventi polvere».
E’ questo l’incipit di Soffiando via le nuvole (PIEMME), interessante romanzo d’esordio dell’inglese Stephen Kelman, classe 1976 e protagonista di una recente asta tra editori nel momento stesso in cui il suo manoscritto ha toccato la scrivania di un’agenzia letteraria: la Bbc ne ha già tratto un adattamento per la tivù, mentre Ridley Scott ne ha opzionato i diritti cinematografici.
E dire che tutto ciò è accaduto prima delle cosiddette rivolte londinesi e non, messe in atto dagli stessi teenager che popolano queste pagine. Già, perché la voce narrante del libro appartiene a un ragazzino di undici anni di nome Harri Opoku, originario del Ghana e trapiantato in Inghilterra insieme con la madre e con la sorella maggiore Lydia, mentre il resto della famiglia - la nonna, il padre e la
sorella minore Agnes - è rimasta in Africa. Harri vive in un caseggiato popolare di Dell Farm, ghetto ai margini meridionali di Londra simile a Hackney o Bromley o Tottenham, dove la violenza è banale storia di ogni giorno. Non è per niente
difficile imbattersi in vagabondi e ragazze-madri e piccoli delinquenti e alcolizzati e spacciatori, in un posto come Dell Farm. E allo stesso tempo è difficilissimo sottrarsi alla presenza della gang di giovanissimi, va da sé incappucciati, nata e cresciuta nella giungla d’asfalto del quartiere.
Calato nella nuova realtà, Harri deve imparare velocemente un mucchio di cose. Tra i
banchi di scuola, l’inglese e il razzismo. In strada, lo slang, i codici e le movenze, anche se rispetto ai coetanei venuti al mondo nei sobborghi della capitale mostra qualche ingenuità, come quando sulle scarpe sportive da quattro soldi disegna tre strisce col pennarello indelebile, così da trasformarle in un paio di Adidas. E’ l’omicidio di un ragazzo che frequenta la sua stessa scuola, quello con cui si apre il libro, simile nella dinamica a centinaia di altri avvenuti nel corso di questi ultimi anni in Inghilterra, a fare da detonatore alla storia: Harri, affascinato sia dai piccioni che gli fanno quotidianamente visita sul balcone di casa (un omaggio
al film Ghost Dog?) sia dall’aura di violenza emanata dai membri della gang del quartiere, è determinato ad assaggiare tutte le caramelle Haribo del mondo, si mette in testa con un amico di trasformarsi in detective e di scoprire il colpevole. Per lui è quasi un nuovo gioco, alla pari di quelli che ha appreso in Europa, così diversi dai giochi a cui era abituato in Africa e ispirati anch’essi alla violenza nella quale siamo calati anche solo in veste di spettatori: per esempio quello dell’attentatore suicida, che consiste nel lanciarsi a tutta velocità contro gli altri cercando di farli cadere a terra. Ma benché abbia risvolti a tratti comici, dovuti all’ingenuità del protagonista e del sodale, si tratta di un gioco pericoloso e gravido di conseguenze, che lo metterà di fronte a una scelta assai ardua e destinato a farlo crescere troppo in fretta, com’è normale che sia per chi cresce lontano dai privilegi e ai margini da tutto.
Ispirato alla storia vera di Damilola Taylor, un ragazzino nigeriano ammazzato davanti alla porta di casa in un complesso popolare di Peckham, altro ghetto londinese, Soffiando via le nuvole ha il pregio di raccontare in presa diretta i ragazzini che di recente hanno messo a ferro e fuoco i loro stessi quartieri in diverse città dell’Inghilterra mostrandone la perdita precoce dell’innocenza, il disorientamento e le paure. Peccato che, malgrado il notevole lavoro sul linguaggio fatto da Kelman, nato e cresciuto a sua volta nella città-satellite di Luton tra molti immigrati africani, certi giri di frase e certi concetti suonino poco realistici in bocca a un ragazzino di undici anni." (da Giuseppe Culicchia, Piccoli teppisti crescono. E incendiano l’Inghilterra, "La Stampa", "TuttoLibri", 05/11/'11)

Pigeon English by Stephen Kelman – review ("The Guardian")

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