mercoledì 27 gennaio 2010

Wiesel: "L'eterna battaglia contro i negazionisti"


"'Io, Elie Wiesel, sopravvissuto e testimone, ricordo ancora oggi ogni singolo momento. Quando fummo chiusi nel Ghetto, quando vennero a prenderci, quando ci caricarono sui treni, quando arrivammo ad Auschwitz, quando vidi mia madre, mio padre e mia sorella portati a morire'. Così Elie Wiesel, Nobel per la pace, attivista di primo piano per la pace e i diritti umani nel mondo, racconta l'Olocausto. Oggi, nella Giornata della Memoria, terrà un discorso al Parlamento italiano. Ascoltiamolo.
Professor Wiesel, come rammenta quegli anni tremendi? 'Rivedo ancora oggi ogni episodio. L'arresto in massa, la deportazione. Il viaggio atroce nei carri-bestiame fino ad Auschwitz. Ricordo cosa voleva dire sentirsi improvvisamente trattati come 'Untermenschen', come subumani da eliminare. Ricordo quando, io ancora piccolo, restai solo ad Auschwitz. Fu terribile, è difficile descrivere cosa vuol dire restare solo, senza più la famiglia che hai visto sterminare, e al tempo stesso sentire che non sei solo, che non lo saresti stato mai più. Perché eri insieme a migliaia di persone, trattati da subumani da eliminare come te, e al loro fianco sentivi la vicinanza della Morte. Ognuno di noi la sentiva, e al tempo stesso non vivevamo accanto alla Morte, vivevamo nella Morte'.
Com'era possibile sopravvivere a questo sentimento? 'Penso ancora oggi che quando entrammo ad Auschwitz entrammo in un'altra Creazione, una dimensione speculare, parallela, opposta e negativa. Nella Creazione che conoscevamo la Germania era il cuore della cultura, la patria di una letteratura straordinaria espressa da una grande lingua, la terra dei migliori ingegneri. Ma là entrammo come in un mondo parallelo, fatto solo di 'to kill and to die', di chi uccide e di chi muore'. [...]" (da Andrea Tarquini, Wiesel: 'L'eterna battaglia contro i negazionisti', "La Repubblica", 27/01/'10)

Io sono l'ultimo ebreo di Chil Rajchman (Bompiani)

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