martedì 20 aprile 2010

Sotto falso nome. Scienziate italiane ebree (1938-1945)


"C’è ancora molta strada da fare, per le donne. Il dibattito è più che mai aperto proprio in questi giorni, grazie a diverse uscite in libreria (da Ma le donne no pubblicato da Caterina Soffici per Feltrinelli, a Metà del cielo di Nicholas Kristof e Sheryl Wudunn per Corbaccio) e ad accorati richiami come quello recentissimo di Susanna Tamaro. Qualcosa non ha funzionato nella rivoluzione femminista e il nuovo che avanza mostra pericolose somiglianze con un passato insidioso che alle donne ha tolto parola e dignità.
C’è a questo proposito un libro in uscita presso l’editore Pendragon che aiuta a capire, ma soprattutto a riflettere. Certo non consola. Si tratta di Sotto falso nome. Scienziate italiane ebree (1938-1945), scritto da Raffaella Simili, docente di Storia della Scienza all’Università di Bologna.
La storia di queste donne è una dolente congiura del silenzio. Con il 1938 e ancora prima, con l’imposizione del giuramento di fedeltà al regime e la progressiva emarginazione dei dissidenti, l’Italia perse via via tanta della sua eccellenza. Di questa storia s’è parlato molto, ma molto poco del ruolo che le donne di scienza ebbero in quelle circostanze. E soprattutto di quel che subirono. «Specialmente le “professoresse” erano state cancellate, come se non fossero mai esistite ufficialmente, in forza di quel legale tratto di penna che le aveva sottratte al lavoro e alla vita». Nella Levi Mortera, moglie del giurista Edoardo a sua volta figlio del matematico Vito Volterra, Nora Lombroso, Gina Castelnuovo, Enrica Calabresi e tante altre, tra cui una tal Rita Lupani che altri non era se non Rita Levi Montalcini, costretta a una falsa identità prima di emigrare negli Stati Uniti. Biologhe e matematiche, fisiche ed entomologhe le cui esistenze private e professionali furono travolte dalle leggi razziali e da tutto ciò che venne dopo. Costrette al buio, all’esilio, a rinunciare a tutto.
Dentro una storia terribile come quella che tutti conosciamo, c’è in queste vicende al femminile il tratto comune dell’onda lunga di un silenzio omertoso, di una specie di congiura che relega le donne in un angolo della storia. E forse è come se fossimo ancora un po’ lì, segregate in quella nicchia muta." (da Elena Lowenthal, Sebben che erano scienziate, "La Stampa", 20/04/'10)

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