venerdì 20 febbraio 2009

Sassoon: 'Leggete, leggete qualcosa resterà'


"A Milano, al convegno in onore dei sessant’anni della Bur, lo storico inglese Donald Sassoon ha parlato di 'Lettura a buon mercato: la nascita delle edizioni economiche nell’Europa dell’Ottocento', e ne ha parlato con tutta la sterminata cognizione di causa accumulata per scrivere il suo mastodontico libro La cultura degli europei (Rizzoli). La tesi di Sassoon, a proposito di offerte culturali a buon mercato - non solo di libri -, è enunciata nelle primissime pagine del volume: 'Un aristocratico dell’Ottocento era culturalmente svantaggiato rispetto a una comune commessa del 2000'. Ci crede davvero, professore? Se fosse vero, per le commesse e non solo per le commesse, la situazione del nostro Paese - politica, intellettuale, sociale - non sarebbe meno calamitosa? 'Intanto, quando parlo di cultura, non parlo necessariamente di cultura alta, ma di consumo culturale ...'. Ovvero? 'La commessa ha accesso a mercati culturali immensi. Ha un’infinità di radio, di canali televisivi, può comprare libri che costano pochissimo, scaricare ore di musica. L’aristocratico dell’Ottocento se la sognava, quest’abbondanza'. Ma per essere culturalmente avvantaggiati non bisogna avere strumenti di discernimento? 'Ah! Torniamo alla cultura alta e bassa ... È vero: la commessa non ha avuto un’educazione che la porta a Mozart, ma è altrettanto vero che Mozart è più raggiungibile. Mentre l’aristocratico sudava sette camicie per poterlo ascoltare'. Ma se manca l’educazione, tutto questo vantaggio è davvero un vantaggio? 'Certo che lo è. L’equivalente ottocentesco della nostra commessa era analfabeta. Non sapeva neppure dove fosse la Francia'. Gli americani non lo sanno neanche adesso. 'È vero (ride). Ma, tornando al punto: non solo leggere, che so, Dan Brown è meglio di non saper leggere, ma anche chi legge, poniamo, Tolstoj, fa parte di una compagnia più vasta di quella d’un tempo. Oggi Tolstoj è più letto di cento anni fa. Dunque c’è un progresso'. Anche la robaccia è enormemente più letta, più prodotta, più 'consumata'. 'Vero, ma leggere è sempre meglio di non leggere'. In Italia, comunque, si legge infinitamente meno degli altri paesi europei. E si guarda una televisione infima. 'La televisione è peggiorata dappertutto, perché dappertutto si sono moltiplicati i programmi, dunque anche quelli che lei definisce infimi. L’importante è che l’offerta resti molteplice. Quando alla Bbc hanno mandato in onda l’integrale dell’Anello del Nibelungo in 14 puntate, l’audience è stata di un milione di persone a puntata. Di questo milione almeno qualcuno avrà scoperto Wagner per merito della tv'. Tornando alla lettura. Perché in Italia si legge così poco? 'È un bel problema. È un Paese con un tenore di vita analogo a quello di Francia e Inghilterra, con scuole analogamente buone, forse migliori di quelle inglesi. Eppure gli italiani non leggono. Non ho trovato una spiegazione obbiettiva. Un’idea ce l’ho, però ...'. Ed è? 'Ecco, in Inghilterrra, in Francia, l’abitudine di leggere comincia prima dell’avvento della radio e della televisione. Nel 1890 il Daily Mail vendeva all’incirca un milione di copie, e altrettanto, dall’altra parte della Manica, il Petit Parisien. A quell’epoca in Italia l’analfabetismo era più diffuso che negli altri due Paesi, e poi, quando è arrivata l’istruzione di massa, questa ha coinciso con l’arrivo di radio e tv, un modo di intrettenimento più potente della lettura'. [...]." (da Maria Giulia Minetti, Sassoon: 'Leggete, leggete qualcosa resterà', "La Stampa", 19/02/'09)

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