Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
lunedì 6 febbraio 2012
L'ombra dell'uomo
"Nel 1960 una ragazza inglese di ventisei anni, armata di block notes e binocolo, arrivò sulla sponda orientale del Lago Tanganica, in Tanzania. A muoverla era la passione per l'etologia, nutrita fin dall'infanzia con le storie meravigliose del Dottor Dolittle, il medico che parlava agli animali. Quella ragazza oggi ha settantotto anni, e i suoi studi sugli scimpanzé, come ha detto Stephen Jay Gould, sono una delle più grandi conquiste scientifiche dell'Occidente. Dello scienziato americano è anche la prefazione al libro L'ombra dell'uomo, il racconto delle osservazioni fatte dalla Goodall in tanti anni di lavoro sul campo in Africa, che, pubblicato per la prima volta nel 1971, torna in libreria ristampato da Orme Editori.
Abbiamo sentito Jane Goodall al telefono da Bournemouth, nel Dorset, dove vive con la famiglia ("ma sono in giro trecento giorni l'anno per la mia fondazione, il Jane Goodall Institute"). Racconta: "In effetti i miei genitori avevano progetti diversi per me. A diciott'anni mi fecero partecipare al ballo delle debuttanti: era il 1952, e tutto quello che feci fu arrivare al palazzo, fare un inchino alla regina e poi tornarmene a casa. Preferivo gli spazi della mia immaginazione".
Ma per le ragazze vivaci erano tempi cupi: la madre Vanne, racconta Jane divertita, il giorno che la figlia espresse il desiderio di viaggiare, le consigliò di imparare a fare la segretaria, un mestiere che sarebbe stato comunque utile. A ventitré anni Jane visitò per la prima volta l'Africa, e lì in effetti fu assunta come segretaria dal paleontologo Louis Leakey, direttore del National Museum di Londra, darwinianio osservante e propugnatore della tesi che l'Africa fosse la culla dell'umanità. Un giorno Leakey pensò che il posto da ricercatore sugli scimpanzé che si era liberato al National Museum potesse essere giusto per Jane.
"Mi propose di studiare gli scimpanzé per la National Geographic Society, ritenendomi una mente priva di pregiudizi accademici. Io non aspettavo altro" spiega Jane Goodall, che solo dopo, nel 1965, si sarebbe laureata in etologia. Così, quasi per caso, partì una delle avventure scientifiche più importanti di sempre.
La ragazza inglese, apparentemente fragile e delicata, è in realtà un mastino dotato di infinita pazienza, e riesce ad avvicinarsi agli scimpanzé e a conquistarne la fiducia, così da poterli studiare nel loro ambiente naturale. Arriverà così alle scoperte più importanti che siano mai state fatte su questi nostri "cugini" e sulla loro impressionante vicinanza all'uomo, raccogliendo una straordinaria mole di dati.
Come ricorda l'arrivo in Tanzania?
"Mi alzavo alle cinque per osservare gli scimpanzé sulle montagne del Gombe e, dopo una fetta di pane e un caffè, rimanevo per tutta la giornata nella foresta, lontana dal cibo e dalle comodità. Appollaiata su un albero o nascosta nell'erba alta - dove una volta un leopardo mi passò a pochi metri senza notarmi - per ore, anche sotto la pioggia. E molte volte, quando tornavo all'accampamento, trascrivevo fino a notte fonda ciò che avevo osservato, dimenticandomi di mangiare. Quando mia sorella Judy venne a trovarmi, si spaventò per la mia magrezza. Così fece arrivare i cibi più ghiotti. Ma io avevo troppo da fare, e alla fine, per non sprecare, era lei a mangiare tutto. Quando andammo a Nairobi per incontrarci con Louis Leakey, lui mandò un telegramma in Inghilterra: "Ragazze sane e salve stop. Una magra una grassa stop"".
Forse non è un caso che la sua scoperta più nota abbia a che fare con il cibo...
"Ricordo ancora adesso quando notai lo scimpanzé che avevo ribattezzato David Greybeard dapprima infilare uno stelo in un termitaio per catturare termiti, e poi prendere un rametto, togliere le foglie e utilizzarlo anch'esso per pescare termiti. Io ritenevo gli scimpanzé capaci di questo, ma trovarmi lì, a essere la prima testimone di questo comportamento in natura, fu un'emozione che mi travolse. Gli scimpanzé non soltanto potevano usare oggetti come strumenti, ma anche modificare un oggetto esistente per trasformarlo in uno strumento".
Era il 1961 e si pensava che solo l'uomo potesse usare gli strumenti ...
"Alcune scuole di pensiero scientifico definivano l'uomo come "il costruttore di strumenti". Quando raccontai la scoperta a Leakey, lui commentò: "Adesso dobbiamo ridefinire il concetto di uomo, o quello di strumento, oppure accettare gli scimpanzé tra gli esseri umani!"".
Come fu accolta la scoperta?
"Cambiò molte cose: mi permise di avere altri finanziamenti. E soprattutto d'essere presa sul serio. Diciamo che fino a quel momento mi consideravano una specie di "ragazza di copertina" del National Geographic".
Nel libro ci sono molti racconti che provano la vicinanza degli scimpanzé con l'uomo. Per esempio nel campo delle emozioni.
"La loro gamma emotiva - e la varietà di modi con cui le comunicano, cioè baci, abbracci, tenersi per mano, darsi pacche sulla schiena, agitare i pugni - è molto ricca. Sanno perfino esprimere imbarazzo: ricordo uno scimpanzé che si faceva bello davanti agli altri e allo zio dondolandosi decisamente sui rami. Finché uno si ruppe: lui scappò via e non si fece più vedere per tutta la giornata".
Lei parla addirittura di moralità degli scimpanzé.
"Quando divampa una lotta tra due scimpanzé, capita spesso che un maschio o una femmina di rango alto intervengano bruscamente per impedire che il più debole soccomba. Credo sia il comportamento che conduce alla moralità".
Non manca la violenza però...
"Sì, ma è diretta soprattutto verso scimpanzé di un gruppo sociale diverso: verso gli "stranieri". E in quel caso sanno diventare molto brutali: possono trattare gli stranieri come se fossero animali di un'altra specie".
Come vivono oggi?
"In Africa, dal 1960 ad oggi, gli scimpanzé sono scesi da un milione a meno di 300 mila. Ecco perché non lavoro più "sul campo" ma viaggio per il mondo cercando di aumentare la consapevolezza sul disagio di questi animali e delle popolazioni che, per la loro povertà, sono costrette a cacciarli per cibarsene"." (da Giuliano Aluffi, Jane Goodall: "Io, da segretaria a scienziata famosa grazie agli scimpanzé", "Il Venerdi' di Repubblica", 03/02/'12)
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