venerdì 28 agosto 2015

Leggere ci cambia il cervello

"'Desocupado lector', così inizia il Don Chisciotte. L'espressione è ancora oggetto di controversia, forse perché ogni traduttore sente il peso di cimentarsi con il significato della parola 'lettore'. Per alcuni è sfaccendato, per altri beato.  Per Sciascia era disoccupato - 'cioè in grado di essere occupato dalla gioia della lettura' - o al limite ozieggiante, perché l'ozio è anche inteso come il tempo votato al nutrimento intellettuale. Recentemenete anche le neuroscienze e la psicologia si sono appassionate al dibattito, formulando il problema a modo proprio: chi è cognitivamente parlando un lettore? Negli ultimi trent'anni numerosi studi hanno tentato di rispondere a questa domanda, arrivando, per strade diverse, a una medesima conclusione: chi legge perfeziona la propria 'teoria della mente'. Il termine anche abbreviato in ToM, corrisponde all'incirca a ciò che colloquialmente chiamiamo empatia. Per gli scienziati è la capacità di comprendere gli stati mentali, i nostri e quelli degli altri, e di metterli in relazione ai comportamenti.
Quanto più è sviluppata la nostra ToM, tanto più saremo compassionevoli, tolleranti e intuitivi, perché capire il prossimo ci consente non solo di predirne le azioni ma anche di accettarle. Che relazione c'è tra la lettura e la ToM? Innanzitutto un'affinità strutturale: secondo uno studio del 2014 coordinato dalla psicologa Cecilia M. Heyes dell'Università di Oxford, entrambe si sono sviluppate grazie all'adattamento di circuiti cerebrali che si sono evoluti per altri scopi, entrambe si basano sull'interpretazione di  segni ed entrambe sono soggette a specifici disturbi dello sviluppo (secondo alcuni, l'autismo sta alla ToM come la dislessia alla capacità di leggere).
In sostanza decifrare la mente altrui è come decifrare un testo scritto. E anche la 'lettura della mente' pur avendo un substrato genetico, ha bisogno di stimoli ed esercizio. Diversi studi provano, ad esempio, che guardare troppa televisione in età prescolare riduce in modo sensibile le facoltà empatiche e introspettive, e lo stesso effetto produce la Background Television, la TV di sottofondo. Al contrario leggere storie ai bambini dai tre ai cinque anni ha un impatto significativo sul loro sviluppo cerebrale ed emotivo. E i benefici non sono soltanto intellettuali e relazionali: diversi studi attestano l'efficacia terapeutica della lettura sia nella cura dei disturbi d'ansia e dell'alimentazione che in quella di patologie psichiatriche più gravi, tanto che la psicologa Rosa Mininno ha fondato nel 2006 un sito web dedicato alla divulgazione e all'apprendimento della biblioterapia: il primo e per il momento l'unico in Italia.
Il merito delle discipline cognitive è quindi quello di aver verificato scientificamente un'ipotesi già largamente condivisa: leggere è importante. Ma negli ultimi cinque anni la ricerca ha anche affinato il quesito: un libro vale l'altro? Pare proprio di no. La ToM si nutre soprattutto di romanzi. E di bei romanzi, per giunta. Altrimenti compassione, tolleranza e intuizione non se ne giovano granché.
Innazitutto c'e' il potere della Fiction, intesa come finzione: le storie riproducono la vita e leggerle significa un po' viverle. Nel 2014 neuroscienziati della Carnegie Mellon University di Pittsburgh hanno riscontrato che il nostro cervello reagisce agli stimoli di un romanzo proprio come se stessimo vivendo ciò che in realtà stiamo solo leggendo. Ma per 'vivere' un romanzo bisogna appropriarsi delle dinamiche psicologiche dei suoi personaggi. E' precisamente questo sforzo di immaginazione e di immedesimazione a stimolare la nostra capacità di comprendere gli altri attraverso noi stessi e, di conseguenza, di accettarli. Lo illustra bene uno studio coordinato da Loris Vezzali, docente di psicologia sociale dell'Università di Modena, pubblicato quest'anno sul Journal of Applied Social Psychology: i ragazzi che leggono Harry Potter, sostiene, hanno meno pregiudizi. La saga com'è noto pullula di personaggi umili o emarginati, tanto che il critico inglese Christopher Hitchens l'ha definita 'un giovane mondo di democrazia e diversità'. A tale diversità i ragazzi reagiscono modificando l'approccio nei confronti di categorie discriminate come immigrati e gay, come è risultato da diversi esperimenti.
Le trasformazioni indotte dalla lettura tra l'altro non sono effimere: nel 2013 ricercatori della Emory University di Atlanta hanno riscontrato, grazie alla risonanza magnetica, effetti persistenti della lettura sui neuroni della corteccia somato-sensoriale, quella coinvolta, ad esempio, nelle sensazioni fisiche e nel sistema di movimento, il che suggerisce che il romanzo trasporti il lettore nel corpo e nei panni dei personaggi non solo mentre legge ma anche nei giorni successivi. Per grandi benefici però ci vogliono grandi romanzi. Nel 2013 Emanuele Castano e David Commer Kidd della New School for Social Research (New York) hanno pubblicato su 'Science' gli esiti di uno studio che continua a far discutere, soprattutto per una delicata scelta metodologica: i ricercatori hanno infatti distinto la narrativa letteraria da quella popolare. Lo hanno fatto sulla base di un criterio simile a quello proposto da Roland Barthes in Il piacere del testo: c'è il testo di piacere - quello che appaga, aiuta a trascorrere il tempo ma non richiede al lettore nessuno sforzo di interpretazione né mette in crisi le sue certezze - e il testo di godimento, quello, tipico della letteratura classica, che per essere letto ha bisogno in una certa misura di essere 'scritto', richiede cioè uno sforzo creativo e destabilizzante perchè per penetrarne le dinamiche il lettore deve abbandonare le proprie. Kidd e Castano, su questa base, hanno distinto in libri 'da leggere' e libri 'da scrivere'. Naturalmente tra i due generi esiste una differenza di grado che può essere fissata più o meno aleatoriamente dal giudizio della comunità letteraria: i ricercatori si sono anche serviti della prestigiosa antologia The O. Henry Prize Stories che raccoglie ogni anno i migliori romanzi in lingua inglese (o tradotti). Tra i grandi autori selezionati, Don De Lillo, Alice Munro, Cechov, Marguerite Yourcenar. Sono queste le letture che sviluppano la nostra 'teoria della mente'. Il libro di godimento non vuole intrattenere ma comunicare la sostanza di idee, avvenimenti e personaggi. Per questo, invece di una lineare e rassicurante narrazione di eventi, nelle sue pagine si incontrano contraddizioni e vuoti che sono sia l'inconveniente che il valore aggiunto della lettura: è infatti dipanando quelle contraddizioni e colmando quei vuoti che il lettore partecipa all'opera letteraria, la interpreta, e così facendo approfondisce se stesso e il mondo che lo circonda. Castano e Kidd si augurano che queste ricerche possano restituire un po' di attenzione al sapere umanistico che a quanto pare non ci rende solo più istruiti ma anche più 'buoni'." (da Giulia Villoresi, Leggere ci cambia il cervello, "Il Venerdì di Repubblica", 28/08/'15)

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