venerdì 10 ottobre 2014

Le biblioteche di Babele


"Qualcuno di noi, in un futuro neppure troppo lontano, racconterà d’essersi da tempo barricato dentro a una biblioteca. Giustificherà la sua scelta dicendo: 'Dopo la calata dei barbari, e dopo uno strenuo, drammatico e soccombente tentativo di difesa, sono stato costretto a chiudermi dentro a una biblioteca. E qui starò, custode e guardiano, fin quando sarà passata la diffusa isteria che vorrebbe distruggere i libri. L’amabilissimo oggetto, il libro di carta, che per secoli ha surrogato la nostra memoria, a un certo punto era "andato fuori moda". Destinato all’infungibilità venne progressivamente sostituito da elettronici congegni e le biblioteche corsero il pericolo d’essere abbandonate e poi distrutte. S’era diffusa l’idea che le raccolte di libri fossero perniciose, una malattia per l’umana esistenza. D’altra parte, più di duemila anni fa, Giulio Cesare, assistendo all’incendio dell’antica Biblioteca d’Alessandria, a chi lo implorava di salvarla, aveva impietosamente risposto: Lasciatela bruciare, non è che memoria di infamie'.
E, ancora, confesserà quel qualcuno di noi, barricato nella biblioteca: 'Per quanto mi è consentito dalla sorte, tale a un monaco d’una sperduta abbazia del profondo medio evo, per chi verrà dopo di noi, starò qui a preservare la scrittura di cui si sta perdendo l’uso, a custodire l’onore della lingua ormai franta in balbettii ... Starò qui per salvaguardare il libro nella sua sublime imperturbabilità, mentre fuori, il mondo civile è ormai presa della svagatezza, della disattenzione, della trascuratezza, delle folgori elettroniche'.
A questo, con una visione dell’immaginario, anche un po’ insensata, corre subito la mente sfogliando l’appena pubblicato La Biblioteca. Una storia mondiale di James W. P. Campbell (Einaudi).
Libro di storie e di vedute, nelle cui pagine si possono contemplare le 'più belle biblioteche del mondo' tramite le fascinazioni fotografiche dovute a Will Pryce. Ma cos’è oggi una biblioteca? All’amoroso sguardo dell’appasionato esploratore, le biblioteche viste attraverso questo libro, più che luoghi del sapere, appaiono sotto specie di vere e proprie vestigia archeologiche. Un catalogo di luoghi estranei di cui salvare almeno l’aspetto 'visivo' prima che si trasformino in qualche desolata Pompei addormentata. E allora cos’è oggi una biblioteca?
“L’universo, che altri chiama biblioteca, si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie, con vasti pozzi ...”.
L’incipit che ne celebra il mito, un edificio destinato a contenere libri, è un fin troppo scoperto omaggio al sommo tra i bibliotecari, a Jorge Luis Borges.
'L’universo che altri chiama biblioteca' – avvio del suo iperbolico La Biblioteca di Babele – è un luogo non luogo, fuori del tempo. Null’altro che una collezione di volumi. Borges che era diventato cieco, sapeva tuttavia e perfettamente cosa stesse dentro a tutti i libri. Aveva percezione della memoria della storia universale che si è voluta tramandare prima su tavolette d’argilla, poi su rotoli di pergamena e nfine con quell’oggetto di definita essenza, pensato e realizzato nella sua compiuta forma fin dall’attimo della sua invenzione. Una struttura perfetta, mai mutata. Un libro può essere confezionato con eccezionalirà di lussi.
Impreziosito con legature regali, stampato su carte di ineffabile rarità. Può essere prodotto in totale economia, tipo un tascabile.
Libro è. Sempre e comunque un certo numero di pagine assemblate, da sfogliare. Ed è il libro con l’immutata sua forma che ha sempre determinato la struttura degli ambienti ove viene custodito. Cercato. Trovato. Scrutato. Dimenticato.
Tra i corridoi formati da fittissime pareti di tomi sovrapposti e muti, 'passa la scala a spirale che s’inabissa e ascende al remoto'.
Conturbante l’ordine-disordinato dei libri.
Una biblioteca pretende somigliare alla cartografia del razionale. In realtà altro non è che la rifrazione sulla terra della perfettissima scompaginazione del cosmo. Un controtipo disordinato, anche se tutti i volumi che compongono una ideale incomparabile raccolta, perfettamente giustapposti, sembrerebbero richiamare l’ineccepibile formalità di un teorema euclideo. Cioè un ordine biblioteconomico che fa del metodo di costruire una biblioteca una scienza a mezzo tra la burocrazia borbonica e la maniacalità. L’uomo aduna libri secondo schemi per trovare illusoria conferma della sua inutile ostinazione: comporre il disordine universale.
In realtà, nella loro apparenti immutabili sequenze, i libri tendono sempre a scombinarsi. Ed e‘ soltanto l’uomo, testardo, che volendo far quadrare i conti del caos, si affida fideisticamente alla capricciosità dell’ordine. E per memento dei propri ghirigori esistenziali, affinchè “gli eredi’’ e “i posteri’’ s’affannino nel labirinto delle eterne incertezze, consegna la memoria di sè, declinata su ogni paradigma dello scibile, alla totale fragilità di un oggetto che teme l’acqua, il fuoco, l’aria. Una roba in perenne pericolo di infungibilità. Il libro. L’oggetto fondante di ogni biblioteca del mondo. Superbe macchine del pensiero che funzionano nutrendosi di carta. Luoghi dove, sfoglicchiando appena un po’ di pagine giuste, si può contemplare nettamente la luce che si effonde, inondando ... Si vedono gli sterminati deserti, i poli, e dietro ai poli altri contentinenti, e dietro ai continenti le città, e oltre le città le coste ... Si vedono le navi che solcano gli oceani, poi le foreste, savane, catene montuose ... E dove, con i sensi alti, per un attimo, si può percepire l’inconcepibile segreto, il cui nome usurpano gli uomini. E’ questo un sunto maccheronico dell’Aleph (per continuare a riesumare il sommo Borges). Ma come si può comunicare la sensazione di esaltazione quando, nel sovrano silenzio di una sala di lettura, il fruscio delle pagine voltate s’effonde nell’animo con messaggi universali?
Adesso, fuori da ogni sgangherata metafisica d’accatto, si deve pur trattare dei luoghi dove tutto questo avviene. Occorre anche dar conto della casa dei libri, come i cinesi chiamano le biblioteche, che, sulla terra, a migliaia hanno agglutinato sotto i loro tetti, da che mondo è mondo, uno sprofondo di volumi.
Dai plutei e dalle scansie che sorreggono i cartacei impassibili e vivacissimi testimoni della memoria nostra, l’attenzione si sposta allora sulle strutture che adunano miliardi di memorie sparpagliate tra le pagine. Accumuli che esaltano il delirio della conoscenza. Lo splendore dell’intelligenza.
Le biblioteche illustrate nel volume La Biblioteca. Una storia Mondiale, individuate tra tante, dall’antichità ai tempi tecnologici nostri, sono una parade di architettoniche bellezze.  Presi da pensieri vagheggianti e demenziali, si è indotti qui a guardare i volumi ordinati a schiere, a scomparti, a piani sovrapposti, sistemati in scaffali di essenzialità conventuale, in anfratti le cui campate sono sostenute da svolacchiamenti angelici, volumi infratti tra voluto e auliche decorazioni, in fra dipinti e affreschi secondo il gusto e la fantasia che dominava il tempo in cui la biblioteca fu edificata. Sale solenni, congelate nei loro stili sontuosi: rigori formali dell’umanesimo, grazie opulente del barocco, impassibilità neoclassiche ... Contemplando le architetture delle biblioteche, immobili, deserte, congelate nelle loro magnificenze, contraddicendo ogni esaltazione che fa del libro il loro essenziale fondamento, pur nel rigoroso rispetto dell’aura dei volumi custoditi, affiora una sinistra e drammatica similitudine: le sontuose biblioteche somigliano a lussuosi cimiteri. Le grandi scaffalature hanno l’aspetto di superbi colombari. Il nome degli autori impresso sul dorso d’ogni libro muta nel paradigma immaginario delle epigrafi di un cinerario. Dietro a ogni dorso, in polvere cartacea, ostinatamente, nonostante i lussi in cui sono calati, persiste la memoria di esistenze. Silenziose. In attesa del miracolo. In quelle solennità architettoniche, che esistono soltanto in funzione del loro contenuto, si è portati a bisbigliare qualcosa che potrebbe somigliare a una preghiera: beato l’uomo capace di risvegliare un testo che equivale a resuscitare un morto. Che equivale a resuscitare l’umanità che ci ha preceduti, facendoci partecipi di un’etica universale. La conoscenza di se stessi. In un libro." (da Giuseppe Marcenaro, Le biblioteche di Babele, "Il Venerdi' di Repubblica", 10/10/2014)

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