sabato 18 maggio 2013

Napolitano: ''Leggiamo poco''



"In Italia si legge troppo poco e così facendo «si crea uno svantaggio oggettivo nella vita individuale e collettiva anche sotto il profilo economico». Giorgio Napolitano cita le statistiche che «riflettono una debolezza di fondo della nostra realtà culturale», il fatto che siano «meno della metà gli italiani che leggono almeno un libro all'anno» e che, rispetto alla media nazionale, «la quota dei lettori scenda ancora di più nelle regioni meridionali». Il videomessaggio del presidente della Repubblica all'inaugurazione del Salone del libro di Torino è un grido d'allarme rivolto certamente agli operatori del settore ma anche e soprattutto alla politica che ha nelle mani le scelte strategiche per il paese. Perché, aggiunge Napolitano, anche la creatività - tema centrale della 26esima edizione delle kermesse torinese - «se vuole generare qualcosa di valido deve poter contare su una base adeguata di conoscenza» e dunque su una popolazione che attraverso la lettura abbia acquisito le nozioni fondamentali del sapere. No dunque alla creatività fai da te, quella che vive di improvvisazione più che di innovazione.
Messaggio accolto con favore dal presidente dell'Aie, Marco Polillo.
Soprattutto nella parte in cui Napolitano attribuisce agli editori la professionalità di chi «opera attraverso strumenti e scientifici e culturali senza limitarsi alla semplice funzione di stampatore» potendo in questo modo competere «con la nuda e cruda immissione in rete di qualsiasi testo da parte di qualunque soggetto». È in questa differenza, dice il presidente, «la centralità del lavoro editoriale». Passaggio accolto con grande favore dagli organizzatori del Salone, a partire dal patron, Rolando Picchioni, che ha voluto aggiungere «la difesa della competenza dei librai, quelli che rischiano di scomparire per la concorrenza dei grandi distributori, dei grandi scaffali dove, come nella notte di Hegel, tutti i gatti sono grigi». Appelli contro l'omologazione che tradiscono un timore diffuso nel mondo dell'editoria di carta, quello della progressiva scomparsa del libro per effetto della concorrenza della Rete. Così il tema del ruolo di mediazione dell'editore, torna nelle parole appassionate del neoministro Massimo Bray, giunto a Torino direttamente dalla serata al Festival di Cannes. Bray ammette che «oggi nelle casse del ministero ci sono pochissimi soldi» ma si impegna «a tutelare l'editoria come un bene comune che va valorizzato al pari degli altri beni culturali, anche in chiave occupazionale. Questo è un compito al quale sento, come ministro, di impegnarmi personalmente». Più in generale Bray annuncia che il progetto del suo ministero «è quello di rilanciare la cultura come motore del cambiamento politico e volano per la ripresa economica». Una nota positiva da cui partire, dice il responsabile del ministero, è «il fatto che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, abbia detto che non ci saranno più tagli alla cultura».
Non un annuncio entusiasmante ma certamente un punto di partenza solido sul quale ricostruire.
Più difficile ottenere dal ministro dettagli su come riuscirà concretamente a realizzare quegli obiettivi che finora i suoi predecessori hanno sistematicamente mancato. Dove troverà i soldi, signor ministro? La risposta è un sorriso silente. Perché tace? «Perché non ho ancora il quadro completo della situazione. Fino a quando non sarò riuscito a comprendere qual è il vero stato delle cose, continueròa tacere». Una dichiarazione che ha certamente il pregio della sincerità." (da Paolo Griseri, Napolitano: ''Leggiamo poco'', "La Repubblica", 17/05/2013)

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