"Leggere buoni romanzi è un gentile ma potente “massaggio” del cervello. La lettura attiva molte reti di neuroni, diverse a seconda del contenuto emotivo e visuo-spaziale. È quanto emerge da uno studio realizzato da ricercatori americani e canadesi, che hanno sottoposto alla Risonanza Magnetica Funzionale (che permette di vedere quali aree del cervello si accendono svolgendo un certo compito) alcuni volontari mentre leggevano brani tratti da romanzi, biografie, riviste, libri di auto aiuto. La lettura smuove il cosiddetto Default Network, la rete di neuroni che genera quel pensiero ondivago tipico della mente a riposo. Però, a seconda di cò che si legge, si attivano solo parti della rete: ad esempio brani che descrivono persone e pensieri attivano la corteccia cerebrale prefrontale mediale, nella zona anteriore del cervello; brani a contenuto più fisico attivano i lobi temporali mediali e il giro temporale mediale anteriore, situati a livello delle tempie.
Le diverse aree del cervello
«La corteccia prefrontale è la parte del cervello che nel corso dell’evoluzione si è sviluppata più nell’uomo rispetto agli altri animali» spiega Pietro Pietrini, psichiatra, direttore della Scuola di Alti Studi IMT di Lucca. «Non sorprende quindi che sia responsabile delle funzioni cognitive superiori, come il pensiero astratto, la capacità di pensare il futuro e di chiedersi il perché delle cose, il prendere una decisione, il distinguere il bene dal male. I lobi temporali contengono, invece, strutture importanti per la memoria, come l’ippocampo, e per la percezione e l’elaborazione del contenuto emotivo e affettivo di uno stimolo, come il sistema limbico e l’amigdala». L’impegno di queste aree durante la lettura è il substrato neurobiologico dell’effetto della narrativa sulla psiche: incremento delle abilità di comprensione delle relazioni sociali, intuizione dei sentimenti, dei pensieri e delle reazioni degli altri, quindi empatia. Effetto studiato anche attraverso l’utilizzo di test che esplorano la cosiddetta Teoria della Mente (Theory of Mind o TOM).
Che cosa significa «Teoria della Mente»
Un buon libro di narrativa è anche un grimaldello per la comprensione della mente umana e delle sue risonanze affettive ed emotive. Ciò è possibile perché gli esseri umani hanno l’abilità innata di attribuire un senso al comportamento delle altre persone, e quindi anche ai personaggi di una storia. A questa abilità ci si riferisce in psicologia cognitiva con il termine Theory of Mind, TOM. «Il termine viene usato in maniera intercambiabile con quelli di mentalizzazione e lettura della mente, intelligenza sociale, solo per nominarne alcuni» dice la psicologa americana Sara Schaafsma, in un articolo su Trends in Cognitive Sciences. Se non avessimo a disposizione questa alquanto misteriosa attività della mente, che ci consente di rappresentarci anche la nostra stessa mente, non potremmo godere della lettura di un romanzo, non potremmo entrare nei panni dei suoi personaggi.
Leggere 'Fiction' aumenta l’empatia
Dice Diana Tamir, del Department of Psychology della Princeton University, autrice di uno studio uscito su Social Cognitive and Affective Neuroscience: «Leggere Fiction per una settimana si associa ad aumento dell’empatia, ma solo nei casi in cui il lettore riporta un alto livello di trasporto verso la vita mentale dei personaggi e gli eventi della storia». La ricerca conferma precedenti risultati che indicavano come la lettura di fiction sia uno stimolo cerebrale che permette di sperimentare altri mondi, persone e stati mentali, quindi di vivere altre vite. Un altro studio, pubblicato su Science da David Comer Kidd e Emanuele Castano, della New School for Social Research di New York, ha dimostrato che l’effetto sull’empatia è evidente solo per la lettura di Fiction letteraria e non per quella di puro intrattenimento. Spiegano gli autori: «I lettori di Fiction letteraria devono mettere in campo risorse interpretative flessibili per dedurre sentimenti e pensieri dei personaggi, e quindi attivare processi TOM. La fiction di intrattenimento, invece, più leggibile, dipinge mondi e personaggi internamente coerenti e prevedibili, quindi conferma le aspettative del lettore e non promuove i processi TOM».
La poesia fa venire la «pelle d’oca»
In un articolo sugli aspetti neurocognitivi dell’espressione poetica, Arthur Jacobs del Dipartimento di Psicologia Neurocognitiva della Freie Universitat di Berlino, spiega come mai, in particolare, la poesia possa avere un effetto emotivo così intenso da provocare reazioni fisiologiche evidenti - può far venire la pelle d’oca - come aveva già segnalato la poetessa Emily Dickinson. È la cosiddetta ipotesi di Panksepp-Jakobson: l’evoluzione umana non ha avuto il tempo di inventare uno specifico sistema neuronale dedicato alla ricezione dell’arte o della parola letta. Così i processi estetici e affettivi che sperimentiamo durante la lettura devono essere sostenuti da antichi circuiti nervosi emozionali, condivisi con altri mammiferi. «Quindi, quando sperimentiamo passaggi testuali spaventosi, disgustosi o meravigliosi» dice Jacobs in un articolo pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience, «si attivano reti di neuroni associate a paura, disgusto, ricompensa e piacere, come lo striato ventrale e la corteccia orbito-frontale».
Leggere allunga la vita (agli uomini)
Più si va avanti con l’età, più bisognerebbe “massaggiare” il cervello con buone letture, come fa Richard Smith, ex direttore del British Medical Journal, che oggi ha 63 anni e scrive un seguitissimo blog, il cui ultimo post è dedicato ai benefici della lettura. «A parte le persone a cui voglio bene, le cose più importanti per me sono leggere, scrivere, ascoltare musica, passeggiare, guardare l’arte» spiega Smith. E cita uno studio pubblicato sul Journal of Gerontology, che ha dimostrato come chi legge tutti i giorni vive più a lungo rispetto a chi non lo fa. Stranamente, il beneficio in questo studio è emerso per gli uomini, ma non per le donne, anche se le donne abituate a leggere tutti i giorni erano più degli uomini. «Ciò solleva qualche dubbio su un legame causale» dice Smith, ma il dato per gli uomini resta anche dopo la correzione dei risultati tenendo conto di diversi possibili fattori di confusione.
Un maggior grado di felicità
I lettori italiani sono più felici dei non lettori. Come riportato da Annachiara Sacchi di recente in un articolo sul Corriere della Sera, lo testimonia «l’indice di felicità» misurato con diversi metodi, come la scala Veenhoven o quella di Diener e Biswas-Diener che, in particolare, svela che chi ama saggi e romanzi sperimenta emozioni positive più spesso di chi non si dedica ai libri." (da Danilo Di Diodoro, Ecco perché un buon romanzo riesce a «massaggiarci» i neuroni, Corriere della Sera", 09/11/'15)
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