lunedì 28 gennaio 2013

Il museo del mondo

"Tutti i musei in cui sono stata, le gallerie, le esposizioni, le chiese, le cripte, i gabinetti di disegni e stampe, i siti archeologici, le caverne, le regge, le rovine, mi hanno lasciato qualcosa. A volte un ricordo molto concreto. Per molto tempo, ho scattato la foto oppure comprato la cartolina dell' opera che aveva dato un senso alla penosa fila in strada magari sotto la pioggia, alla fatica di aver attraversato cento stanze di un museo sterminato, al viaggio stesso che mi aveva condotto, che so, ad Algeri, a Teheran, a Washington, alla Chaise-Dieu ... Con gli anni, quel mucchio disordinato - eppure non casuale - è diventato alto come una colonna. Poi è franato, e ha cominciato a vagare per la mia casa, di scatola in scatola, tracimando sul pavimento. Ogni tanto lo frugo alla ricerca di un'immagine. I miei gusti sono cambiati, le mie conoscenze si sono arricchite. Eppure, ogni cartolina ormai sbiadita racconta una folgorazione, un innamoramento, talvolta una rivelazione. O anche l'inizio di un'avventura durata anni e anni e destinata a orientare la mia stessa vita, come fu per La Presentazione al Tempio di Tintoretto alla Madonna dell'Orto di Venezia. C' è di tutto. Tavole, quadri dipinti a olio, affreschi, graffiti, vetrate, idoli di legno e di pietra, statue, maschere, cammei, exvoto, bronzetti, noccioli di pesca, disegni, reliquiari, cariatidi, capitelli, miniature ... Opere disparate di cinque continenti e almeno cinquanta secoli: create come amuleti, preghiere o bestemmie, da uomini e donne, cacciatori e stregoni, assassini e santi, illetterati e intellettuali, gente in stato di alterazione alcolica, psichica o tossica oppure in pieno possesso delle facoltà mentali. Create per fede o per soldi, per mestiere o per amore. Nessun museo reale potrebbe contenerle. Neanche il collezionista più folle potrebbe sperare di comprarle tutte in una sola vita. Nemmeno nel mio museo immaginario possono entrare tutte. Devo selezionarne solo 50 - per raccontarvene una alla settimana, per un anno. Dunque ho dovuto operare una selezione crudele, e vi devo qualche spiegazione preliminare. Parlerò solo di pittura - che meglio può essere riprodotta su un giornale: niente arti plastiche, niente land art, body art o arti decorative. Solo opere di artisti coi quali vale la pena trascorrere del tempo - anche solo i dieci minuti che ci vogliono per leggere il mio articolo. Non necessariamente i maestri più celebrati, che pure non saranno certo esclusi. Ma anche gli irregolari, gli anomali, quelli che non hanno fondato scuole, non si lasciano etichettare o che hanno vissuto per concepire un solo capolavoro. Nel mio museo non c' è biglietto di ingresso, e dunque nemmeno ingresso. Insomma, le opere non saranno esposte in ordine cronologico. Non ho mai creduto che il tempo sia una strada a senso unico, da percorrere in una sola direzione. Esso può essere reversibile. Inoltre dalle deviazioni e dagli andirivieni si impara molto, talvolta più che da una linea retta. Né le opere saranno esposte in ordine gerarchico o tematico - per generi: tipo pittura sacra, di storia, paesaggio, fiori, ritratto, astrazione. Per un artista, sono distinzioni senza senso: non è il soggetto che conta, ma la pittura stessa. Né in ordine geografico (intendo la classificazione accademica per "scuole" - regioni, nazioni, etc.). Gli artisti non vedono l'arte così. Velázquez può illuminare Nicholas de Staël, anche se nulla apparentemente unisce la pittura figurativa di corte di un maestro spagnolo del XVII secolo alle sperimentazioni di un giovane russo degli anni Trenta del XX. Non seguirò nemmeno un criterio unicamente estetico. Cioè, non intendo costruire un' antologia dell'arte mondiale né un canone. Mi mettono a disagio quelli degli altri, e non aspiro a crearne uno mio. La mia selezione del 2013 rispecchia solo ciò che sono oggi, e non ciò che ero o che sarò domani. Siamo fluidi e mutevoli, tutto ci cambia, e il senso del percorso è nel mutamento stesso. Perfino i veri musei si riallestiscono continuamente: dai depositi emergono opere dimenticate, e nei depositi finiscono opere sopravvalutate, degradate dalla nuova generazione a lavoro di routine o di bottega - imitazione o copia. Ciò non mi impedirà di parlare di opere "canoniche" - famosissime. Ma inevitabilmente vi sembreranno sorprendenti alcune omissioni. Inoltre: devo aver visto l'opera coi miei occhi. Da vicino. Averle girato intorno, averla annusata, aver visto le crepe sulla superficie. Devo averne visto i colori, la dimensione, il supporto, la pennellata, la tecnica usata: la sua pelle, la carne, la materia. Insomma, devo essermi trovata davanti a lei - aver iniziato un dialogo che non si è più interrotto. E infine, ma soprattutto, devo desiderare di rivederla. Il desiderio di un'opera è l'unico criterio veramente fondamentale della mia selezione. Non perché abbia mai desiderato possederla, o collezionarla (collezionare è da troppo tempo un privilegio del denaro, degli imperatori, dei re, dei finanzieri: i veri musei sono spesso una lezione di storia economica, e le opere i trofei dei vincitori). Ma perché ho il desiderio di ascoltarla ancora, consapevole che essa ha tutto da insegnarmi, e non smetterà mai di parlarmi. Ne scrivo appunto per ritrovarla, e rivivere l'esperienza di quell' incontro. Se dopo aver letto questi articoli, o qualcuno di essi, sentirete anche voi voglia di vedere (o rivedere) questa o quell'opera coi vostri occhi, allora questo museo esisterà davvero e sarà nostro." (da Melania Mazzucco, Il museo del mondo, "La Repubblica, 04/01/2013)

Nessun commento: