sabato 15 ottobre 2011

Giuseppe Tornatore: “Per ogni ciak dico grazie a Márquez''


"Piegamenti? Non se ne parla. Flessioni e salto in alto? Per carità! «Professoressa,
la ginnastica non mi piace. Se mi esonera dalle ore di educazione fisica e di religione mi occupo io di dare una sistemata al prestito e alla schedatura». Tutto solo, tra volumi accatastati e classificatori scorticati, in stanzoni abbandonati del
Francesco Scaduto, fatiscente liceo classico di Bagheria: è iniziata così, galeotti i detestati esercizi ginnici, l’avventura di gran lettore di Giuseppe Tornatore.
Che si è ritrovato ad avere la biblioteca scolastica tutta per sé. Il premio Oscar per la regia, con gli occhialetti cerchiati e il bel sorriso ironico, ancora oggi non sale su un treno o su un aereo se non con una consistente compagnia cartacea. «L’anno scorso ho raggiunto il massimo del peso: ero presidente del premio Campiello, mi spostavo con un carico pesante di scoperte entusiasmanti, come Canale Mussolini di Antonio Pennacchi, Accabadora di Michela Murgia, La nota segreta di Marta Morazzoni. Per la lettura serale c’erano un paio di pagine di Longitudine, il bellissimo saggio di Dava Sobel che ripercorre l’avventurosa storia della misurazione delle coordinate geografiche».
Tornatore, nonostante la scarsa passione per la ginnastica, ha ancora il fisico agile e asciutto del liceale e in questi giorni sta vivendo in un turbinio di
impegni: sta ultimando una lunga conversazione con Francesco Rosi (uscirà
da Mondadori), compie sopralluoghi per il suo prossimo film, The Best Offer(«non parlo volentieri dei progetti da realizzare, porta male»). Intanto allena
i muscoli (mentali, naturalmente) seguendo il suggerimento che una volta gli dette Gabriel García Márquez: «Pensare una storia per anni rende più facile scriverla di getto». Riflette e rimugina così su quello che dopo Baarìa sarà il suo nuovo kolossal, dedicato all’epopea dell’assedio di Stalingrado (dal trolley strapieno sbuca il meraviglioso I 900 giorni di Harrison Salisbury che racconta gli anni delle terribili «lacrime gelate» dell’attacco nazista). E’ passata da poco la mezzanotte e Tornatore, che sembra non stancarsi mai («il mio mestiere dà un’incredibile riserva di energie»), è sbarcato al tramonto sull’isola di Elsa Morante per ricevere il riconoscimento alla carriera non solo di cineasta ma anche di scrittore (il premio Procida - Isola di Arturo - Elsa Morante).
«Quando passavo le mie ore a risistemare i volumi della scuola facevo incetta di opere per uso e consumo personale: da Tolstoj a Dostoevskij, Kafka, Cechov, Flaubert, Stendhal, Camus, Hemingway. C’erano poi Papini, Brancati, Sciascia e poi ancora Pirandello ed Eduardo i cui testi ho messo in scena quando stavo al liceo. Il grande schermo ha esercitato su di me un incantesimo fin da quando avevo otto-nove anni. Lavoravo come ragazzo di bottega di un falegname, a cui passavo colla, pialla e altri “ferri del mestiere”, e con i primi guadagni compravo Oscar Mondadori a 350 lire e poi correvo al Capitol dove c’erano Maciste, Gli argonauti, i cowboy John Wayne e Gary Cooper; più grandicello passavo indenne e senza stancarmi mai attraverso opere come Otto e mezzo, Il posto delle fragole e Morte a Venezia di cui poi compro il libro, lo leggo e torno al cinema a rivederlo. La Corazzata Potëmkin di Ejzenštejn la proiettano, in un gran casino, sulla piazza della mia città, al Festival dell’Unità».
Dalla celluloide alla pagina e viceversa. «Alla proiezione di Zorba il greco di Michael Cacoyannis ho assisto parecchie volte, poiché all’epoca si poteva entrare anche a film già iniziato, e poi cerco senza trovarlo (lo avrò successivamente) l’omonimo romanzo di Nikos Kazantzakis».
Primissime letture? «Non avevo ancora dieci anni e dico a mio padre: “Mi regali un libro?”. La mia era una famiglia di siciliani poveri ma illuminati e molto aperti. Papà, sindacalista della Cgil, credendo di farmi uno straordinario omaggio, mi porta la storia, pubblicata dagli Editori Riuniti, di Gastone Sozzi, morto per le torture nelle galere fasciste. Aveva fatto parte delle Guardie rosse, gruppi armati comunisti che si opponevano allo squadrismo, collaborato alla redazione de ''La caserma'' e de ''Il fanciullo proletario, foglio illustrato per bambini''. Scritto
con stile impervio, non era il massimo per un allievo delle elementari, lo leggerò anni dopo anche se ero piuttosto precoce in fatto di libri».
Ne era consapevole? «Porto i pantaloni corti e vado alla biblioteca comunale di Bagheria per chiedere in prestito La ciociara di Alberto Moravia. Pussa via, mi scaccia il bibliotecario, “è proibito per i ragazzini”. Comunque mi ero appassionato anche a tutto quello che rientrava nel repertorio tradizionale di un bambino, da Pinocchio al Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne a Capitani coraggiosi di Rudyard Kipling».
Al liceo Tornatore lavora e studia, poi diventa consigliere comunale per il Pci,
fotografo, gestore di un cineclub, programmista per la sede Rai di Palermo mentre cerca di farsi largo nel mondo del cinema. Dove trova il tempo per percorrere tutte queste strade, compreso l’ascolto della musica, altra sua grande passione? «A scuola ero bravo soprattutto in italiano, mi incartavo un po’ con il latino e il greco. Però se, per esempio, il prof mi faceva una domanda su Euripide o sulle Troiane io evocavo il regista greco Cacoyannis e il docente mi seguiva su questa via. Successivamente arriveranno Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la Recherche, Calvino, Brancati, Baricco, il fondamentale
Cent’anni di solitudine di García Márquez. Ho sempre fatto i compiti e scritto sceneggiature accompagnato da Bach, Mozart, Mahler e poi dall’opera (per il bicentenario di Wagner, nel 2013, il regista ha avuto alcune proposte che tiene scaramanticamente segrete, ndr.)».
Libri come arma di seduzione: le è capitato? «Certo, meglio la poesia. Baudelaire, Mallarmé, Rimbaud, Verlaine ma anche Ungaretti, Montale e soprattutto Pavese. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi è stato un passepartout per tante ragazze».
Sciascia dopo aver visto Nuovo cinema Paradiso si ricorderà di aver avuto
un’esperienza analoga a quella di Salvatore, il personaggio principale: egli pure assisteva allo spettacolo dalla cabina dell’operatore, ricevendo in dono pezzi
di pellicole, fotogrammi di dive famose. «Nell’antologia del liceo mi imbatto in alcune pagine de Il giorno della civetta. Un colpo di fulmine. Quando per la Rai mi dedico a un programma sui narratori siciliani e il cinema stabilisco un rapporto personale con Sciascia».
Il libro che l’ha più sorpresa? «Un giorno leggo un aneddoto in cui García Márquez ricorda che lo scrittore colombiano Álvaro Mutis gli disse “Leggi! E impara!” e gli porse Pedro Páramo. Márquez dice che quella notte non riuscì a dormire prima di aver finito di leggerlo per la seconda volta. Decido di fare anche io come Márquez e mi porto a casa il piccolo libro di Juan Rulfo. Comincio e non ci capisco niente. Dopo 15 pagine il protagonista cambiava nome, città, epoca, e dopo altre 15 succedeva la stessa cosa. Per errore erano stati impaginati pezzi di vari racconti. Quando vado dal libraio per prendere il Pedro Pàramo non fallato lui vuole indietro la mia copia. E io mi rifiuto. C’era qualcosa di magico in quell’avventura, mi sembrava di essere il Lettore protagonista di Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino, il bellissimo romanzo che collaziona inizi di storie che non finiscono mai»." (da Mirella Serri, “Per ogni ciak dico grazie a Márquez”, "TuttoLibri", "La Stampa", 15/10/'11)

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