venerdì 20 marzo 2009

Fischi nel buio, con delitto


"L'immaginario ferroviario, in letteratura, entra pressoché immediatamente. Nel 1825 viene inaugurata in Inghilterra la prima linea, la Stockton-Darlington, e i poeti romantici si dividono subito fra il partito degli entusiasti modernisti e quello degli avversatori elegiaci, che rimpiangono la purezza del paesaggio sconvolto dalla strada ferrata, dal suo rumore e dal tanfo («st'invenzione è tutt'opera infernale!», proclama il Belli). Se in poesia ci si può limitare al Carducci dell'Inno a Satana, 1863 (ma alla fine tornerà sul tema, con tutt'altro spirito, nella bellissima Alla stazione in una mattina d'inverno, il cui clima sospeso verrà ripreso da un celebre mottetto delle Occasioni di Montale: «Addii, fischi nel buio, cenni, tosse »), al formidabile Walt Whitman di A una locomotiva d'inverno (1874) e al Blaise Cendrars della Prosa della Transiberiana (1913) - ma non dimentichiamo, lo stesso anno, l'allucinato emblema di O carro vuoto sul binario morto, nei Frammenti lirici di Clemente Rèbora - la narrativa ferroviaria è impressionante per quantità e qualità. In una pagina del '69 del suo Diario, Guido Morselli invitava a scrivere una storia della «dimensione ferroviaria nella letteratura europea». È la sfida che ha raccolto, nel '93, Remo Ceserani nel suo ricchissimo Treni di carta (ora Bollati Boringhieri, pp. 304, e 22.10), al quale due anni dopo s'è aggiunto il volume dei suoi allievi Pierluigi Pellini, Marina Polacco e Paolo Zanotti (Strade ferrate, Nistri-Lischi). Curioso (ma già fuori commercio), nel 2003, il breve Trenità di Giuseppe Antonelli (pendolare su Cassino come Magrelli), che ha per sottotitolo Elogio dei tempi morti. Naturalmente incompleto l'elenco che segue: dallo spettrale Segnalatore di Dickens (1866, raccolto da Calvino nei Racconti fantastici dell'Ottocento) allo stesso malizioso Calvino dell'Avventura di un soldato (negli Amori difficili, 1970); dai poco noti Romanzo in vapore di Collodi (1856) e Meno di un giorno di Camillo Boito (1883) allo splendido sferragliare di coscienza di Corto viaggio sentimentale di Svevo (1926); dalla Casa a vapore di Verne (1880) all'incredibile, analitico La bestia umana di Zola (1890); da Fantasticheria di Verga (in Vita nei campi, 1878) a Una giornata di Pirandello (1936); dal dolente Polemiche e pace nel direttissimo di Gadda (nel Castello di Udine, 1934) all'allegorico Tunnel di Dürrenmatt (1952); da Un increscioso incidente di Joyce (in Gente di Dublino, 1914) agli episodi ferroviari contenuti in All'ombra delle fanciulle in fiore di Proust (1918) e nella Montagna incantata di Mann (1924); dalla topicissima morte dell'Anna Karenina di Tolstoj (1877) al non meno struggente, ancorché diversamente tale, Compimento dell'amore di Musil (in Incontri, 1911); dalla psichica Modificazione di Michel Butor (1957) all'epica Tregua di Primo Levi (1963), sino a Mosca-Petuški di Venedikt Erofeev (1977): viaggio non viaggio che mette capo a questa tradizione in modo esilarante. Un vero e proprio sottogenere, poi, è il giallo ferroviario. È stato spiegato come il vagone senza vie d'uscita ne sia set strutturalmente ideale; ma andrà aggiunto che, se i gialli spesso si consumano in treno, il loro lettore trarrà un frisson supplementare dalla loro ambientazione, appunto, ferroviaria (da Conan Doyle a Patricia Highsmith, da Graham Greene a Simenon, senza dimenticare l'esemplare Assassinio sull'Orient-Express di Agatha Christie, 1934). Del resto ogni stazione ferroviaria, specie le grandi «cattedrali» costruite nel XIX secolo, ha un che di spettrale e minaccioso. Se ne accorse tra i primi il Walter Benjamin di Infanzia berlinese, e tale sensazione ha portato sino alla vertigine il W. G. Sebald di Austerlitz (dove il titolo allude non alla battaglia napoleonica ma alla stazione parigina, appunto, che ne prese il nome)." (da Andrea Cortellessa, Fischi nel buio, con delitto, "TuttoLibri", "La Stampa", 14/03/'09)

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