venerdì 23 gennaio 2009

La scelta della chiarezza di Francoise Carasso


"'La chiarezza come partito preso ha sospinto l´intera esistenza di Primo Levi, ricca di lucidità e chiaroveggenza. Amava guardare il mondo: sentirlo, comprenderlo. Guai, però, a parlare di facoltà profetiche. Sapeva che nessuno può prevedere il futuro. E non si propose mai come profeta o modello, nozioni che aborriva. Nel suo ultimo libro, I sommersi e i salvati, scrive che bisogna diffidare di chi crede di possedere la verità'. Questo, secondo la filosofa francese Françoise Carasso, è il cuore dell´opera di Levi: la volontà di dare forma all´informe, il cammino che scansa zone oscure, l´idea di procedere con la scansione limpida e netta di uno scienziato, perché 'lo scrittore ha gli stessi doveri dell´uomo di scienza. Levi, che era un chimico, rifiutò sempre la cesura tra cultura scientifica e letteraria'.
Esperta di filosofia della scienza e docente universitaria a Orléans e a Parigi, la Carasso si è applicata molto allo studio della vita e della produzione di Levi, curando tra l´altro un´edizione commentata di Se questo è un uomo per gli studenti liceali francesi. Nel sobrio e luminoso saggio Primo Levi. Le parti pris de la clarté, appena uscito in Italia col titolo La scelta della chiarezza (Einaudi), affronta l´universo dello scrittore nella prospettiva della 'norma di trasparenza' che egli s´impose, facendone una delle ragioni del suo fertile umanesimo. Che cosa l´ha catturata di Primo Levi? 'La simpatia e il calore dell´essere umano, che non ho mai conosciuto, ma che per me è come una presenza familiare. Levi dà l´impressione di capire qualcosa di fondamentale sulla resistenza umana. E la modestia che esprime scrivendo trasmette la sua unicità. È umanamente ben radicato nella sua opera, ma al tempo stesso sa cancellarsi, sparire. Ciò che mi ha spinto a scrivere su di lui sono state le modalità della sua morte, scioccanti. Si parlò di suicidio, un atto che Levi mostrò sempre di disapprovare. Detestava l´oscurità della scrittura di Paul Célan, al quale rimproverò con violenza d´essersi suicidato. Come se tra il buio dello stile di Célan e il suo suicidio ci fosse stato un nesso. Invece Levi cercava luce: sempre. Anche nei territori più dolorosi dell´essere. Per questo mi è incomprensibile quel suo gesto finale'. Si può definire il 'messaggio' complessivo di Levi senza il rischio del semplicismo? 'Anche questo termine, "messaggio", non gli sarebbe piaciuto. Quello che più conta nella sua opera è proprio la chiarezza. Dire le cose come stanno senza abbellimenti. Non fare idoli delle persone eroiche, non condannare chi compie azioni abominevoli. Non confondere le vittime con i carnefici, ma sapere che possiamo diventare tutti carnefici. Levi sa dircelo con forza e semplicità. E con amore per la vita'. Da cosa è testimoniato quest´amore? 'Dal suo gusto della scienza. Dal suo piacere d´esserci e capire quanto lo circonda. Basta leggere un libro splendido come Il sistema periodico per percepirlo. Levi soffrì molto, ma nella consapevolezza che far parte del mondo è essenziale. Non si può caderne fuori'." (da Leonetta Bentivoglio, Quel testimone che tutti devono leggere, "La Repubblica", 23/01/'09)

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