lunedì 22 dicembre 2014

Scrittori, attenti alla trappola dei racconti morali


"Al mondo dei più piccoli Daniel Pennac ha sempre guardato con grande attenzione. Per i lettori più giovani ha infatti scritto diversi libri che hanno ottenuto un grandissimo successo, come dimostrano L'occhio del lupo, le storie della serie Kamo e, più di recente, Ernest e Celestine. Convinto che sia più che mai necessario rivolgersi ai bambini, lo scrittore francese sa però che scrivere per loro è un esercizio delicato che richiede impegno, sensibilità e umiltà, oltre che la capacità di rispettare l'intelligenza dei piccoli destinatari.
«Quando raccontiamo una storia ai bambini, in realtà non facciamo altro che rispondere al loro ontologico bisogno di mitologia», spiega Pennac, di cui è appena giunta in libreria una nuova edizione dell'ultimo romanzo, Storia di un  corpo (Feltrinelli), illustrata con i disegni di Manu Larcenet. «Le storie consentono loro di appropriarsi di un universo di miti e narrazioni necessario alla costruzione dell'identità e ad affrontare l'esperienza della vita. E non è vero che ai piccoli si debbano raccontare solo storie semplici e brevi: si possono proporre loro anche storie di grande respiro. A cominciare dalle due principali epopee dell'antichità: l'Iliade e l'Odissea».
Lei ha scritto diversi libri per bambini. È un esercizio difficile?
«La scrittura per i piccoli è il risultato di un'alchimia misteriosa, nella quale lo scrittore cerca di conservare la propria voce specifica, le proprie peculiarità di narratore, ma mettendosi al livello di destinatari speciali, nei confronti dei quali bisogna evitare di essere pedanti e didascalici. Per raccontare una storia ai più piccoli, occorre trovare le parole, la musica e il tono giusti. Nella letteratura per l'infanzia le frasi sono infatti meno complesse e con meno subordinate, ma proprio per questo occorre scegliere con più attenzione il vocabolario. Io ho sempre cercato di scrivere racconti precisi e lineari, evitando i giochi di parole incomprensibili».
Qual è la maggior difficoltà, quando ci si rivolge ai bambini?
«Bisogna soprattutto stare attenti a non finire nella trappola della letteratura edificante, sia quella che vuole difendere la morale tradizionale sia quella che invece li vorrebbe "liberare" dall'alienazione borghese. Quando si parla ai bambini, non bisogna essere didattici né ideologici».
Una lezione che lei ha messo a frutto ad esempio nell'Occhio del lupo, uno dei suoi maggiori successi.
«Un libro scritto per i bambini che però esprime un sentimento da adulti, quello dell'esilio. Per costruire quella storia che racconta la sofferenza di un lupo in gabbia, avevo bisogno di un personaggio prigioniero di una situazione simile. È nato così il personaggio del piccolo immigrato lontano dal suo mondo che comprende e dà voce al dolore dell'animale. Un tema da adulti, ma che i piccoli possono benissimo capire».
Nei suoi libri per l'infanzia compaiono spesso gli animali.
«Preferisco le storie di fantasia a tutti quei libri che raccontano la quotidianità domestica dei bambini, le relazioni con i fratelli, con i genitori, i piccoli problemi della vita quotidiana. In letteratura la psicologia non m'interessa, preferisco l'immaginazione e l'avventura. Per esempio, in Ernest e Celestine ho perfino affrontato i segreti della narrazione e il meccanismo da cui nascono le scelte di un romanziere. Ma con leggerezza e ironia».
Certe storie non sono troppo difficili per i bambini?
«Quando si legge o si racconta una storia ai bambini, non bisogna preoccuparsi troppo se non capiscono tutto. Ai bambini piace ascoltare l'adulto che racconta, di conseguenza trasformano in piacere dell'ascolto anche i dettagli che eventualmente non capiscono. Le difficoltà di comprensione sono più che altro una scusa per la pigrizia degli adulti che non hanno voglia di mettersi in gioco con i più piccoli. Preferiscono parcheggiarli davanti al televisore o al computer. E invece dobbiamo formare i lettori di domani»." (da Fabio Gambaro, Scrittori, attenti alla trappola dei racconti morali, "La Repubblica", 14/12/'14)

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