martedì 25 novembre 2014

Eroine che ci fanno capire, ecco la biblioteca delle donne



"Erano tutti maschi, gli eroi. Si inizia a leggere per andarsene, per stare da un'altra parte dove, possibilmente, ci siano tigri, mari, battaglie da combattere per salvare l'umanità. Ma quando io ero bambina, l'unica femmina la cui vita valeva la pena di invidiare era Pippi Calzelunghe. Abitava a villa VillaColle col signor Nilsson e zietto, aveva una forza che stendeva a pugni qualunque bastardo, e progettava la sua esistenza come un'eterna avventura. Per questo invidio quelle ragazzine col naso affondato nei giganteschi tomoni degli Hunger Games o nella trilogia di Veronica Roth, Divergent. Si inizia a leggere per desiderio di avventura (anche quando le tue avventure le vivono tutte i maschi) e, una volta che il credito è stato accordato, si può cominciare a leggere qualcos'altro. 
Quando si è imparato che bisogna tener duro per le prime tre pagine, perché entrare in una storia è come saltare dentro un buco nero, la letteratura fa tana nei nostri cuori. Ed è in quel momento che nella vita di una lettrice entrano le regine: Jane Austen, Emily e Charlotte Bronte. Orgoglio e pregiudizio, Jane Eyre e Cime Tempestose. Si parte da lì, ovunque si decida di andare. Io sono andata sempre verso le storie, ho sempre avuto questa passione imperdonabile e inestinguibile per la narrativa. Lo dico perché altre sapranno indicare meglio di me saggi e riflessioni, la non-fiction che deve stare sul comodino di ogni donna. Io  sono devota profondamente e senza possibilità di guarigione al valore dell'invenzione, alla verità dell'immaginazione, a  quella catena di meravigliosi inganni che costituisce un romanzo. Ogni romanzo, persino quello che sembra più vicino alla realtà. I diari per esempio, o le lettere. 
Tra i libri che sarebbe bene attraversare subito dopo l'adolescenza, un attimo prima di dover cominciare a organizzare tutta la faccenda dell'esistenza di adulti, ci sono le lettere di Marina Cvetaeva - raccolte da Adelphi in due volumi, Deserti luoghi e Il paese dell'anima - e Il diario di Etty Hillesum. Cvetaeva fu poesia, fino alla fine dei suoi giorni. Nacque in una famiglia agiata e colta, sposò un uomo bellissimo e durante la rivoluzione del 1917, si trovò dalla parte sbagliata. Quella dei Bianchi, i vinti. Fuggì in Francia, senza soldi, senza niente, ma non arretrò mai e mise l'arte sempre avanti a tutto. Le lettere ai suoi amici/amanti, a Pasternak, Rilke, al marito, alle amiche, sono un romanzo delle vette e degli abissi che insegna la forza, la tenacia, la disperata bellezza di essere quello che si vuole essere, ovunque siano gli altri. Guai a quel tempo che non riconosce più gli artisti e la loro insopportabile ostinazione ... Etty Hillesum invece avrebbe voluto diventare una scrittrice. Morì ad Auschwitz, lasciandoci il suo diario e qualche lettera. Scrisse "l'unica cosa che conta è offrirsi umilmente come campo di battaglia", che mi è sempre sembrata anche una delle definizioni più belle di letteratura. 
Per Anna Maria Ortese i libri furono di certo quella roba lì, quel dono di sé straziante, orribilmente faticoso. Una partita di giro con l'eterno, sempre persa. L'iguana è uno dei più stralunati racconti dell'impossibile che abbia mai letto, e uno dei più belli. Rebecca la prima moglie di Daphne du Maurier e Bonjour, tristesse di Francoise Sagan sono due romanzi perfetti sull'amore e la sua insopportabile serialità. Vale la pena perderla da giovani quell'illusione, quella del per sempre. Sagan, Du Maurier, quel capolavoro che è Riflessi in un occhio d'oro di Carson Mc Cullers, ma anche Nancy Mitford e Mary McCarthy e Dorothy Parker perché essere cattive e divertenti è sempre un buon piano B, nell'esistenza di ogni donna. Di Alice Munro tutto, ma in particolare quei racconti che Einaudi ha riunito sotto il titolo Nemico, amico, amante. Nonostante sia famosa per Il trentesimo anno, io di Ingeborg Bachmann preferisco Tre sentieri per il lago e addirittura quella pazzia che è Malina. E un ultimo, meraviglioso, romanzo: La piazza del diamante, di Mercè Rodereda. Di cui c'è poco da dire, la perfezione è indescrivibile. A me e a chi ne avesse voglia, consiglio di rileggere Agatha Christie. Non sono sicura, ma ho l'impressione che potremmo scoprire che è stata una grandissima scrittrice." (da Elena Stancanelli,
Eroine che ci fanno capire, ecco la biblioteca delle donne, "La Repubblica", 25/11/'14)