mercoledì 20 novembre 2013

La biblioteca di Italo Calvino


''C'è una famosa foto in cui si vede Italo Calvino che scrive nella sua casa di Parigi. Chi l'ha vista se la ricorda perché Calvino ha accanto un poster con Snoopy alle prese con il suo celebre inizio di romanzo, ''Era una notte buia e tempestosa''. Sul muro, di taglio, si vedono una serie di volumi, difficile dire quanti. Si legge appena qualche titolo, il resto si indovina. Ci sono altre foto della sua biblioteca (tra cui una di Salgado) ma sono meno importanti. Perché non riuniscono in un'unica immagine qualcosa di molto di più di una vicinanca di oggetti. Un rapporto. Per uno scrittore - e soprattutto per uno scrittore come Calvino - la biblioteca è parte integrante dell'universo creativo. Anche per questo averli intorno è spesso una necessità: "Scrivo bene solo in un posto che sia mio, con i libri a portata di mano, come se avessi sempre bisogno di consultare non si sa bene cosa". Così Calvino nel 1974, quando la sua vita è divisa tra Parigi e l'Italia. Sono gli anni in cui scrive capolavori come Le città invisibili e Se una notte d'inverno un viaggiatore e avere i suoi libri vicini è spesso un problema: "Una biblioteca mia non riesco mai a tenerla assieme: i libri li ho sempre un po' qua un po' là; quando ho bisogno di consultare un libro a Parigi è sempre un libro che è in Italia, quando in Italia devo consultare un libro è sempre un libro che ho a Parigi". Ma quali libri?
Un articolo pubblicato sull'ultimo numero di "Bollettino di italianistica" ci permette, per la prima volta, di avere un'idea concreta della sua biblioteca. Lo ha scritto laura Di Nicola, ricercatrice alla Sapienza, che da anni sta lavorando sui libri di Calvino. Sono circa settemila volumi e sono oggi conservati nella casa a pochi passi dal Pantheon, a Roma, in cui Calvino ha vissuto fino al 1985, anno della sua morte, e dove ancora oggi vive la moglie Esther. La biblioteca è una delle poche di un grande scrittore a essere ancora viva, non musealizzata e riorganizzata in base a criteri bibliografici. Anche per questo il lavoro della Di Nicola è prezioso. Non solo descrivere i volumi ma anche cercare di preservare ciò che è  destinato, col tempo, probabilmente a perdersi: il modo in cui Calvino li aveva organizzati. Sugli scaffali della casa romana si trovano i libri di tutta una vita: quelli della giovinezza di Sanremo, quelli degli anni torinesi, quelli parigini. Ci sono libri legati agli affetti privati, come una copia della Botanique di Rousseau (1802) che Calvino regala alla madre nel 1957, quando ha appena scritto Il barone rampante. Ma anche i libri su cui scopre a vent'anni la letteratura americana, a partire da una copia dell'Antologia di Spoon River (1943). La ricordo qui perché è uno dei pochi volumi su cui Calvino abbia annotato le proprie impressioni. Il resto della biblioteca - a parte qualche altro volume giovanile - è quasi privo di tracce di lettura. Ciò che rimane sui libri è l'appunto di qualche numero di pagina, magari accompagnato da brevi frasi estrapolate dal testo. E' così - tra gli altri - sulle copie di Plinio il Vecchio, Galilei, Nietzsche, Fourier ma anche Perec, Queneau, Kundera. Alcuni sono gli stessi con cui Calvino costruisce le Lezioni americane, ossia quella riflessione postuma sulla letteratura che è, forse, anche l'immagine migliore della sua biblioteca: non tanto per l'apertura di orizzonti che contiene ma per il fatto che nomi e idee vengono riuniti ancora una volta per comporre qualcosa di nuovo e invisibile fino a quel momento.'' (da Matteo Motolese, La biblioteca di Italo Calvino, Il Sole 24 ore, 17/11/'13)