martedì 26 marzo 2013

Giallo, blu, Rosellina ...

"Piccolo blu e piccolo giallo adorano giocare insieme. Ma quando si abbracciano diventano verdi». Ma di che si parla? Dove sono le bambine riccioline delle fiabe tradizionali, quelle che, addette ai lavori femminili, mescolano la zuppa nel paiolo sulla fiamma del caminetto mentre i maschietti pirla si cimentano in qualche birichinata? Qui ci sono solo due macchie di colore che dialogano tra loro e nelle pagine appaiono anche minuscoli inserti coloratissimi. Siamo nel 1966 ed è in atto una piccola (si rivolge ai bambini)-grande rivoluzione. Esce il primo, stravagante libricino firmato da Lio Lionni, scrittore, grafico, ex futurista emigrato a Philadelphia che, come direttore di una grande agenzia di pubblicità, ha chiamato a collaborare non gli specialisti del settore ma artisti d’avanguardia: Andy Warhol, Alexander Calder, Willem de Kooning e Fernand Léger. A questo primo, insolito prodotto per i bambini ne seguirà un altro. Il palloncino rosso di Iela Mari, un librino addirittura senza parole per sollecitare un «linguaggio per immagini».

Sono le prime pietre di una nuova impresa della gran signora dell’editoria per i più piccini, Rosellina Archinto. Oggi nota per la pubblicazione di epistolari di personaggi famosi, negli anni Sessanta è sulla tolda di una navicella: la Emme Edizioni, che prende nome da Marconi, il cognome da «signorina», come si diceva allora, dell’Archinto. Terminerà le sue pubblicazioni nel 1985. Adesso circa 100 tomi di questo raffinato artigianato a cui si è applicata l’attivissima editrice, madre di cinque figli che quando erano piccoli portava in giro per il mondo a conoscere i mercati internazionali del libro, sono stati ritirati fuori dall’archivio (alcuni sono riproposti dalla Babalibri e da altri editori) e diventeranno parte di un progetto itinerante di lettura per le scuole. E saranno in mostra a Bologna, («Inventario. Fra le parole e le immagini di Emme Edizioni 1966-1985», alla Salaborsa, Piazza del Nettuno, da martedì al 13 aprile).

Questi tomi, a cui hanno dato il proprio contributo gli illustratori italiani e stranieri più in voga - Ungerer, Carle, Luzzati, Sendak, Mordillo, Munari -, appena apparvero in libreria si configurarono come delle vere bombe, ordigni esplosivi. Come mai? «Erano temuti per la loro dirompente novità; non era facile imporli a un mercato timoroso di qualsiasi trasformazione. Che fatica!» commenta l’imprenditrice. «Il terreno degli educatori e pure delle mamme era arroccato e friabile, pieno di pregiudizi e di ostacoli. Rientravo a Milano dall’America dove avevo trovato nuovi modi di raccontare storie e fiabe che mi avevano catturato. Trovavo veramente stucchevoli i testi old style che circolavano in Italia, rappresentavano un modo di narrare che tarpava le ali alla fantasia dei più piccoli. Dal punto di vista pedagogico le opere, ancora di stampo ottocentesco, erano piene di interdetti, divieti, moralismi accompagnati da una grafica vecchia e scontata».

A influenzarla nel suo progetto fu anche la vivacità milanese, la città-cuore pulsante della rivoluzione del design, anche di quello per giocattoli? «Munari era fantastico. Era un bambino anche lui. Non poteva essere altrimenti un artista che aveva progettato il Gatto Meo o la scimmietta Zizì in gommapiuma che con l’armatura in fil di ferro si poteva manipolare a volontà. Seduti per terra io e lui combinavamo carte e soprattutto colori, e venivano fuori opere come Nella nebbia di Milano, un meraviglioso viaggio dal bianco lattiginoso della bruma ai mille colori di un Circo carminio, blu, viola. Io ero anche molto influenzata dalle ricerche di Sonia Delaunay sulla rifrazione della luce. C’era una vita culturale molto intensa, si passava da un dibattito a una mostra, e gli amici erano personaggi del calibro di Vittorini, Soldati, Buzzati, Scalfari, Eco, Fernanda Pivano e Sottsass».

Come mai decise di imbarcare sul bastimento della Emme pure tanti famosi scrittori, Natalia Ginzburg, Calvino, Arbasino, Citati, Moravia, Soldati, Manganelli, Sciascia? «Volevo rinnovare anche il linguaggio della letteratura per l’infanzia, così stantio e arcaico. I più piccoli allora non godevano della considerazione e dell’importanza che hanno oggi, erano stimati, si potrebbe dire, un sottogenere dell’adulto. Nessuno pensava a dare peso alla loro libertà». Lei era anche una navigatrice solitaria nel mondo tutto maschile dell’editoria.

Come si è trovata? «Male, grazie. L’ho sempre detto: se avessi avuto barba e baffi avrei avuto più successo. Nessun editore, poi, si dedicava seriamente al genere per l’infanzia. La Mondadori sfornava i fumetti con Paperino e Topolino. Quindi per me l’impegno era doppio: dovevo cimentarmi su di un terreno considerato poco importante con l’handicap di essere donna, per cui la domanda più gentile che mi veniva rivolta sul mio lavoro era «come va il tuo hobby»? Per fortuna avevo fatte mie le parole di Munari: «Conservare l’infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». Questo mi ha aiutato a rimanere infantile come i miei lettori, senza arrendermi mai».  " (da Mirella Serri, Giallo, blu, Rosellina ...'I miei bambini a colori', "La Stampa", "TuttoLibri", 25/03/2013)

lunedì 25 marzo 2013

Silenzio, siamo in biblioteca



"'Patente, prego'. Lo sapevo che mi avrebbero fermata: mi si legge in faccia che sono in fuga. Sto cercando un  luogo dove trovare silenzio e raccoglimento. Ho provato in chiesa ma sembra un souk anche durante la Comunione, momento di massimo raccoglimento. E così mi sono recata in biblioteca. L'officer mi osserva mentre inserisce i miei dati anagrafici nel computer. Ma lo sfido a trovare qualcosa a mio carico: non ho mai guidato in stato di ebbrezza e non sono mai passata con il rosso (impossibile, a meno di essere la prima in corsia, dato che gli australiani iniziano a frenare non appena si accende l'arancione).
Il sorvegliante mi consegna calendario e mappa. Ora che ho varcato l'ingresso delal bibloteca, posso ''parcheggiarmi'' dove voglio purché sia libero. Nell'aula Baby ... direi proprio di no: c'è una lunga fila di passeggini che aspetta ancora fuori, con il suo carico scalciante e strepitante, per registrarsi al laboratorio gratuito di Sling Library, una specie di leggio che permette di portare in giro il neonato senza rinunciare ai piaceri della lettura.
'Provi più avanti, accanto alla veranda', suggerisce ua mamma ''imbracata'' con tre gemelli. 'Ma non si faccia troppe illusioni: oggi è venerdì e, come ogni fine settimana, anche la Toy Library è presa d'assalto'. Lì infatti si possono prendere in presito altalene, secchielli, puzzle, scivoli, go-kart, tricicli - tutit mrigorosamnete under 5 - a patto di abbinarli a un libro. E guai a imbrogliare: anche il volumeto deve essere dell'età giusta, per lettori sotto i cinque anni.
Il bambino non sa ancora leggere? I bibliotecari australiani sono molto comprensivi. Per genitori stremati ci sono i Pajama Party, almeno due volte a settimana, alle cinque in punto. Pensate la comodità: si porta il pargolo già in tenuta notturna, gli leggono la favola, gli somministrate il biberon o la pappina scaldati nel microonde accanto allo scaffale degli utlimi saggi sul linguaggio non verbale, sorseggiando una tazza di té gentilmente offerta dall'officer di turno. E vi addormentate, entrambi. Meglio lasciar perdere ...
Provo a cercare rifugio vicono all'asilo nido che dispone di un giardino di erba vellutata come pagine intonse e morbida più del mio letto. Il luogo perfetto per vagabondare e sdraiarsi con un libro in mano, in religioso silenzio. E' rinomato ormai anche tra gli homeless di Perth: ogni giorno la direttrice della biblioteca ne registra almeno una decina sistemati dentro e fuori, seduti, supini, in posizioen yoga, assorti e cogitabondi o innocentemente assopiti. Ma non ci pensa proprio a cacciarli: 'Tutti sono benvenuti in biblioteca, purché la usino per quel che è. Capita, in effetti, di doverne svegliare qualcuno all'ora di chiusura, ma - diciamo la verità - a chi non è mai successo di addormentarsi su un libro?'.
Ma oggi no, vagabondi non ne vedo, neanche appisolati all'ombra. Anzi, c'è un via vai dentro e fuori, sopra e sotto, come un cantiere alla vigilia dell'inaugurazione. Dentro stanno cambiando le lampadine, furoi trascinano sacchi di foglie, sopra martellano. 'La Worm Farm è quasi pronta', spiega il biblioetcario in galosce e grembiule da giardiniere, ovvero l'allevamento di lombrichi e affini a cui si accede dall'aula Verde, sede della collezione orticoltura.
Ho capito, inutile cercare quiete nelle iperattive biblioteche di quartiere. Andrò alla State Library, la Biblioteca nazionale, quel che si dice un'istituzione del Paese, custode di storia e tradizioni del Western Australia.
C'è folla però, davanti, di sicuro qualche gruppo di turisti in visita all'Art Museum lì accanto. 'Lavaggio o pizza?', mi chiede una ragazza sui roller vestita da Cappuccetto Rosso, solo che nel cestino non ha la torta per la nonna ma libri. Da oggi parte il progetto Laundry Reads: leggere mentre si fa il bucato, a casa tua o nelle lavanderie a pagamento, e alla State Library offrono dimostrazioni gratuite e il catalogo di libri, nonché dei detersivi, disponibili. Mi siedo e pesco dal cestino il primo libro che capita ...
 
P. S.: E la patente, vi starete chiedendo? Non me ne sono dimenticata. Ufficialmente è considerato l'unico documento veramente efficace per accertare l'identità e la residenza di u n lettore. Ma sono convinta che, se tamponi qualcuno davanti alla cassetta di restituzione libri o superi sulla sinistra un concorrente impegnato nella Reading Marathon, ti tolgono almeno quattro punti ..." (da Alessandra Pon, Silenzio, siamo in biblioteca, "Elle", aprile 2013)

No Soap in This Literary Wash